Testo e fotografia Vincenzo Battista.

Il 1°maggio è la data – diaframma che si è superata, “il passaggio”, la fine dell’inverno e la stagione primaverile in arrivo dei nuovi raccolti negli orti. Minestra, zuppa, ossia un cibo elaborato, complesso nella sua preparazione e in una narrazione che associa lo stesso cibo al culto del paesaggio conservativo della cultura popolare. “Le virtù” è il cibo, una sorta di cabala nella sua composizione, ma anche culto cristiano nelle sette vergine – così la leggenda – che preparavano sette legumi, sette aromi, sette carni, sette tipologie di pasta ammassata e fatta in casa, sette spezie e sette verdure raccolte prima del 30 aprile nei campi, all’alba. In sette ore di dovevano amalgamare i prodotti, riunirli in un brodo in una sorta di rito notturno. Legumi e verdure scendevano nelle enormi pendole di terracotta rispettando i loro tempi di cottura nei tradizionali camini delle cucine contadine. Il numero sette è divinatorio, corrisponde ai giorni della Creazione, la perfezione nell’ambito del cristianesimo, simbolo di beatitudine nei doni dello Spirito Santo. Ma soprattutto il cibo delle “virtù” mangiato il primo maggio determinava un ostacolo alle malattie del corpo, fronteggiava e allontanava le influenze negative, cibo dal valore apotropaico scongiurava le dinamiche negative del tempo, poiché dal paesaggio coltivo veniva riflesso il senso dell’appartenenza nei prodotti agricoli dialoganti con le “divinità”.