L’Eden della grande montagna di Bagno, frazione dell’Aquila.Testo e fotografia di Vincenzo Battista.

La strada, da Pianola periferia dell’Aquila, inizia a frustare la montagna: si insinua, entra nel bosco, poi repentina ne esce, segue la morfologia della montagna di Bagno ( 2077 metri), si incunea, insidiosa segue le pieghe carsiche ed entra nei valloni, poi scopre la pianura a sud- est della conca dell’Aquila, attraversa i villaggi poggiati su terrazzamenti  che seguono le curve di livello del massiccio: Bagno Grande, Bagno Piccolo, Ripa di Bagno, Vallesindola, Sant’Angelo di Bagno, San Benedetto di Bagno, Civita di Bagno,contrada Cominio di Bagno (detta Lilletta) tutti tra i 600 e gli 800 metri. Bagno prima contea dell’Aquila, poi  feudo, comune autonomo, infine annesso al Comune nel 1927  per la creazione della Grande Aquila.  La montagna di Bagno. Saliamo con Dragone, Serpico e Rosy (la sentinella) mastini abruzzesi, e i paratori Jek e Pulcinella (girano il gregge). Saliamo per usare un eufemismo con l’azienda agricola Santarelli Francesco ( da tre generazioni allevatori, quelle accertate, ma lui dice da sempre ) in direzione del rifugio a 1100 metri “ le Fussole”, un recinto alto e posizionato nei pressi di una radura, difficile entrarvi per i lupi… Saliamo, 200 capi a seguito, ovini razza siciliana indicata per la qualità e produzione di latte ( pecorino, ricotta e formaggio primo sale), per l’annuale transumanza verticale, proprio così, alle porte dell’Aquila ( Alessandro Clementi diceva che i palazzi profumano di pecorino), l’immissione del gregge in altura per i pascoli, poiché i prodotti caseari, un’eccellenza di nicchia alimentare che realizza Francesco, sono domiciliati qui, o lungo le due ore e mezza del nostro percorso tra boschi di pino, acero, nocciola, carpino, abbeveratoi ( l’acqua è cristallina, come nelle immagini), sorgenti e radure che attraversiamo, un Eden sconosciuto, un ambiente naturale che continuamente si modifica e scopre i grandi prati che, fino agli anni ’60 del ‘900,  erano coltivati con grano, lenticchie e patate,  e nelle zone umide cipolle e fagioli. Erano le donne che salivano la montagna, zappavano, raccoglievano e portavano a valle con grandi cesti i prodotti, con gli animali da carico. La grande montagna dell’Aquila ci sovrasta, corridoi faunistici di cervi (si sente il bramito dal bosco) e lupi con le sue acque sorgive straordinarie, habitat lussureggiante, anche se siamo sempre guardati con sospetto dai cani pastori abruzzesi (per tutta la giornata), che sembrano ignorarci… apparentemente. Il massiccio e sue contrade storiche: Vallesindola (l’inizio, da lì siamo partiti), la Valle, Fossato della valle, Castiglione, Terrette, Grottelle, l’Abbeveratoio, la Pineta, lo Stivale (con il Piano Fanfani del 1949, fu realizzato con i pini un enorme stivale, che oggi è scomparso, ma si vedeva dalla valle). Le Grottelle, infine, una serie di cavità dove gli abitanti di Bagno nascondevano i beni alimentari per sottrarli alle truppe tedesche durante l’occupazione del 1943, un altro luogo questo della memoria che scivola poi, nella valle aquilana, e incontra i luoghi della tragica furia nazista e i suoi martiri.

Fotografie.

Le immagini del trasferimento della mandria all’alpeggio della montagna di Bagno.

Le ultime quattro immagini a cura dell’azienda agricola.

Con noi, in montagna, Lucio Tomei e Franco del Vecchio.