Lettera al mio corpo.

Testo di Arianna Battista.

Caro corpo, mi sembra ancora ieri il giorno che ti odiavo… avevamo appuntamento quotidiano, anzi, più appuntamenti durante la giornata, sicuramente tutte le volte che passavo davanti lo specchio della mia camera per andare in bagno, o davanti a quello del corridoio dove passavo obbligatoriamente per uscire di casa. Non ti lasciavo via di fuga, eri sempre sotto il mirino della mia coscienza perfezionista che si ciondolava tra un giudicarti e un tenerti a bada privandoti di tutto il carburante che necessitavi. .. perché sì, un corpo come quello di una persona nevrotica come me, necessita di tanta energia quanto il nervosismo che esplode dentro ora dopo ora, pasto dopo pasto. Incostantemente ti toglievo, per poi giudicarti, come un datore di lavoro frustrato che non lascia spazio ai suoi dipendenti, solo che tu non eri un dipendente, anzi, eri dipendente da me, perché eri parte di me. Come ti sentivi quando ci chiudevamo per ore dopo un pasto dentro il bagno? Diciamo che era la nostra pausa di riflessione, quella che ci permetteva di capire se il pasto del giorno poteva essere digerito o no, se la quantità di calorie assunte potevano essere all’altezza del corpo che desideravo e che, chiaramente, non era minimamente similare a come ti mostravi tu, pendente, quanto ti odiavo quando ti gonfiavi una volta al mese. Il mio errore madornale fu quando mi dissero che la cosa più importante è comportarsi bene con il prossimo, perché così, non mi sentivo nemmeno in colpa, mi autogiustificavo e mi commiseravo attraverso attimi di euforia e di simpatia con le persone che mi erano intorno che, povere addormentate, non si rendevano conto di come ti trattavo. Ricordo a tratti che la sera prima di uscire ti prendevo in giro, raggirandoti, mentendoti e calunniandoti. Ti dicevo che quel giorno sarebbe stato l’ultimo, e che presto saremmo tornati a divertirci mangiando e bevendo senza mai più pensare al dopo. Ti dicevo che domani sarebbe stato diverso: avrei così messo fine al lungo inferno che ti stavo facendo passare, ma sai com’è, a me piace giocare. Convivendo forzatamente con il mostro che sono e dentro la prigione della mia mente, avrai sicuramente imparato che non sono una persona di parola, e che era solo l’ennesimo modo per prendermi gioco di te (e di me, però questo ancora non lo sapevo). Oggi dopo quasi 10 anni mi sento cambiata, nonostante abbia sempre dentro quella voce che spesso mi continua a bullizzare, adesso mi diverte tenerla a bada. Le volte che la mia aurea si riflette cerco di dosarla, nonostante sia ancora convinta che abbia un po’ ragione, che il suo giudizio quando esagero con le portate e mi lascio troppo andare sia leale e razionale, e che è lì al mio fianco solo per aiutarmi. Per proteggermi perché sono stanca, mi accetto, perché ogni corpo è a sé, ed è bello perché tondo, pendente, ridicolo o disinvolto, a me ora non interessa più. Ti chiedo scusa per tutto il male che ti ho fatto, e quanto sei bello in tutti i tuoi difetti non starò nemmeno qui a spiegartelo. Avrai tempo durante la mia gravidanza di mettermi alla prova, ma che ci vuoi fare, ormai è successo. Ti amo.

 
Arianna Battista