Le immagini. Lisippo, Eros che incorda l’arco.

A causa del Coronavirus e della momentanea chiusura delle scuole la classe 3C delle scienze umane è d’accordo nel continuo svolgimento delle lezioni di storia dell’arte sul sito www.vincenzobattista.it . In nome del 3C delle Scienze Umane.

Quaderno di Arte. Il linguaggio della scultura. I Greci.

Interventi didattici.

Testo narrativo, compendio.

Lisippo e il suo tempo

Scultore prolifico e geniale, ritrattista di Alessandro Magno, Lisippo di Sicione rappresenta nel modo più chiaro la transizione in atto tra l’arte classica, espressione dei valori e degli ideali della polis, e i nuovi linguaggi artistici dei regni ellenistici. Alla creazione di questi nuovi linguaggi, l’artista contribuisce cimentandosi in generi estranei all’arte della polis, e rinnovando profondamente i generi e le tematiche tradizionali.

Lisippo, tra tradizione e innovazione

La lunga vita di Lisippo di Sicione copre sostanzialmente tutto il IV secolo a.C., periodo di profonda trasformazione per la Grecia dal punto di vista storico-politico, ma anche culturale e antropologico; e la sua laboriosa carriera di scultore riflette il travaglio di quest’epoca complessa, gettando un ponte tra l’arte classica, espressione della polis, e l’arte dei regni ellenistici. Agli inizi semplice fonditore, Lisippo sosteneva di non aver avuto maestri, una condizione questa del tutto isolata nell’ambiente artistico greco dell’epoca, dove il mestiere si impara attraverso un lungo apprendistato presso la bottega di un artista già affermato, o viene tramandato di padre in figlio: da questa condizione di autodidatta giungerà a diventare il ritrattista ufficiale di Alessandro Magno, e questo suo percorso si configura come un segno dei tempi nuovi, un esempio di rivolgimento sociale e di superamento di antiche regole ormai vuote di senso in un mondo in trasformazione.

Sembra comunque che Lisippo indicasse il proprio maestro nel Doriforo di Policleto (Cicerone, Bruto, 296), il che dimostra quanto la sua attività di scultore, almeno nella sua fase iniziale, sia riconducibile alla tematica tradizionale della figura atletica nuda, e alla sfida che tale tematica presentava all’artista relativamente al problema della percezione ottica dei volumi e del loro movimento nello spazio.

Le fonti letterarie attribuiscono a Lisippo una soluzione assolutamente innovativa, anzi rivoluzionaria, del problema ottico: lo scultore sceglie di rappresentare gli uomini “non come sono, ma come appaiono allo sguardo” (Plinio il Vecchio, Nat. Hist. XXXIV, 65), liberandosi così di un concetto di mimesis come fedele riproduzione di una realtà oggettivamente misurabile e conoscibile e introducendo decisamente la propria soggettività nell’interpretazione del reale: l’apparenza si sostituisce alla sostanza, la fantasia alla razionalità, i valori ottici a quelli tattili. L’artista sicionio mette a punto un nuovo canone proporzionale che modifica in modo sostanziale “le corporature squadrate degli antichi” e in virtù del quale le sue statue sembrano più alte, grazie alle teste più piccole e agli arti più sottili e slanciati.

MAPPA CONCETTUALE.

L’incontro tra due personalità d’eccezione: Lisippo e Alessandro.

La svolta nella vita e nella carriera di Lisippo è costituita dal suo incontro con Alessandro Magno; non è chiaro quando lo scultore inizi a lavorare presso la corte macedone e non è affatto certo, come pure è stato sostenuto, che egli sia presente a Mieza all’epoca in cui il giovane principe viene educato da Aristotele. Ad ogni modo, il suo ruolo di ritrattista ufficiale è sancito (secondo Orazio, Epistole II, 1, 237-244, addirittura con un editto) nel 336 a.C.; da questo momento, e fino alla morte di Alessandro nel 323 a.C., Lisippo raffigurerà numerose volte il principe, in statue singole e in gruppi scultorei, dando inizio al genere del ritratto dinastico, che avrà importanti sviluppi nel corso dell’età ellenistica e che non mancherà di influenzare la ritrattistica romana. Secondo Plutarco (Sulla fortuna e il valore di Alessandro Magno, II.2) solo Lisippo era capace di rappresentare in modo soddisfacente la complessa personalità del principe, rendendo giustizia sia al suo bell’aspetto, quasi femmineo nell’umidore degli occhi e nell’abitudine di inclinare leggermente il collo, che al suo carattere virile e leonino. Coniugando nel ritratto del Macedone l’elaborazione artistica con l’intenzione di caratterizzazione individuale, l’artista sicionio dissipa l’ambiguità insita nella ritrattistica di età classica, sospesa tra il desiderio di celebrare le virtù del singolo e il timore di turbare le regole dell’isonomia esaltando l’individualità; il ritratto non si focalizza più sul ruolo dell’individuo nella società, sulla posizione da lui ricoperta all’interno della polis, come nel ritratto di Pericle, nel quale ciò che conta è la sua caratterizzazione come stratego e come affidabile servitore dello stato, bensì sulla personalità del personaggio rappresentato, perché sono le doti individuali del dinasta, il suo carisma personale, la sua ambizione, il suo coraggio che gli consentono di conquistare e di mantenere un impero.

Ed è proprio con la lancia del conquistatore che Lisippo raffigura Alessandro in un celebre bronzo probabilmente ad Efeso, di cui si riconoscono riflessi in un bronzetto da Alessandria oggi al Louvre e in una serie di ritratti, tra cui la cosiddetta Erma Azara da Tivoli costituisce forse la redazione più vicina all’originale: l’ispirato volto del Macedone, lievemente sollevato, è coronato dalla fiammeggiante chioma leonina che le fonti letterarie descrivono come un suo tratto caratteristico, e l’attenzione dell’osservatore è catturata dallo sguardo sognante degli occhi ravvicinati e profondamente infossati sotto i muscoli periorbitali, che costituiscono una cifra stilistica lisippea riscontrabile nell’Agia e nell’Apoxyomenos.

LETTURA OPERA D’ARTE. Eros che incorda l’arco, Lisippo.

Disegno sul quaderno di Arte.

Linee di caduta, linee di forza, baricentro, studio delle masse, plasticità e peso del corpo nei gesti, equilibrio delle masse del materiale scolpito, asse del corpo, il busto in torsione, testa, braccia posizionati in avanti, il volto, le ali in ralazione al corpo, lo sguardo.

Eros che incorda l’arco, Lisippo.

La figura, il cui peso è retto dalla gamba sinistra, è impostata secondo le diagonali delle braccia, tese verso destra, a reggere l’arco: nello sforzo del movimento, il fanciullo compie una leggera torsione del busto verso destra, accompagnata da una inclinazione del capo nella stessa direzione.

L’opera fu ritrovata nei pressi di Villa d’Este ed è una copia di prima età imperiale, da un originale scolpito dallo scultore Lisippo per il santuario di Eros a Tespie a in Beozia.

I – II secolo d.C. con integrazioni moderne da un originale in bronzo del 350 -325 a. C., marmo, h 123 cm. Roma, Musei Capitolini.

Eros che incorda l’arco – Copia romana in marmo dall’originale di Lisippo conservata nei Musei Capitolini di Roma.
In un frammento di una tragedia perduta di Euripide, da lui scritta prima del 422 a.C., Stheneboia (Σθενέβοια) si sostiene che esistano due Eros[1]. Così come nella sua Ifigenia in Aulide (406 a.C.) compaiono due ambiti del dio Eros e, per la prima volta, l’immagine del dio armato di arco e di frecce:

«Avventurato chi prova fa
della dea dell’amore con
temperanza e misura,
e con grande placidità
lungi dagli estri folli, perché
duplice è l’arco della beltà
che l’Amore (Eros) tende su di noi:
l’uno ci porta felicità,
l’altro la vita torbida fa.»
.(Euripide Ifigenia in Aulide 542-50. Traduzione di Filippo Maria Pontani in Euripide Le tragedie. Milano, Mondadori, 2007)

Il piccolo Eros è in piedi impegnato nel tendere il suo arco. Si sostiene sulla gamba sinistra mentre poggia l’estremità inferiore dell’arco contro la tibia destra. Le braccia quindi sono spostate verso la sinistra dell’osservatore e impegnate nell’incordare l’arma. Sul tronco di destra poi è appesa la faretra che contiene le frecce. Infine si intravede sulla schiena un piccolo paio di ali piumate.

Interpretazioni e simbologia dell’Eros che incorda l’arco di Lisippo

Il dio Eros che arma il suo arco è descritto per la prima volta nell’opera letteraria Ifigenia in Aulide di Euripide. Inoltre si trova una descrizione del gesto nel passo scritto da Publio Ovidio Nasone nelle sue Metamorfosi (V) : “e opponendovi il ginocchio curvò il flessibile corno“.