Testo e fotografia Vincenzo Battista.

Castiglione, 1200 metri circa di altitudine, larghi piani ondulati incassati dai rilievi che li cingono, posizione elevata a nord – est dell’Aquila, 16 km in linea retta, quadrante geografico poco conosciuto nel complesso della Conca aquilana. I piani contigui si aprono per chiudersi in una morfologia di solchi vallivi, ondulati, prima stretti ma allargati poi in prati pascolo, terrazzi alluvionali fronteggiati da pendii montuosi e faggete ad alto fusto in un territorio compatto e remoto. Dal satellite, Castiglione, nella fotografia che lo inquadra nel comune di Tornimparte, mantiene visibile – risultato di una permanenza di secoli – il tracciato dei tratturi e delle piste, i camminamenti evidenziati al suolo: salgono dalle frazioni del comune per l’immissione di greggi nei pascoli d’altura, ma erano anche sentieri per uomini e animali diretti nel reatino e i suoi centri per gli scambi commerciali, poiché Castiglione è un’area geografica cerniera, un passante di attraversamento, cucchiaio carsico con le casette sparse degli agricoltori stagionali. La sentieristica storica favoriva la mobilità in molte ore di cammino con le derrate alimentari caricate sui basti degli animali per venderle nel versante opposto, o barattarle. Il confine con la provincia di Rieti è proprio sui rilievi del versante occidentale di Castiglione. Ma a Forca Castiglione, il passaggio a nord – est , è la quota da scavallare, quasi fosse una porta relativistica spazio – temporale alle prime luci del giorno, come se noi fossimo immersi in un’altra gravità, come se la materia avesse viaggiato all’estremo altro, passando attraverso in un silenzio metafisico, siamo qui, nel “superamento”, ma questo è rotto, quindi, ci siamo, in questo sito- altro da esplorare, dai mastini abruzzesi di Buttari Domenico sbucati dalla radura a galoppo, ossessionati dal vedere traccia umana intorno alla capanna dell’accampamento pastorale: ci sono quasi addosso, abbaiano pieni di rabbia e furore per aver violato, noi, e profanato, anche questo spazio – temporale che si manifesta intorno, inconsapevolmente, certo, di quel tempo, proviamo a pensare che si pieghi fino a chiudersi in se stesso, per poi rispandersi e sfociare nel passato, adesso, qui, di cui noi siamo alieni, sì, adesso! In questo luogo di “Balla coi Lupi”. I cani, resteranno minacciosi intorno a noi con le fauci aperte (il “GPS” incorporato nel loro cranio ha un fermo immagine, cioè noi), e provate a pensare cosa accada, se non sullo sfondo della macchia lussureggiante di un verde cromatico a stento indescrivibile, la sagoma di Domenico che avanza e prova con fischi e suoni arcani a richiamare e suoi pretoriani. La mungitura, in una sorta di arca, in penombra, si andrà avanti – dice Domenico – fino alla metà di ottobre, in questo che sembra un antro latino, di Columella e Varrone, poeti narratori, che descrivono la pastorizia al tempo di Roma, con dentro mettiamo pure le imprecazioni e i richiami di Domenico verso le pecore che spingono e si stringono nel “guado” della mungitura: Castiglione è interfacciato con Buttari, l’ultimo pioniere di un’epopea della pastorizia, quasi mitica (l’unico allevatore di armenti), che risale in primavera con il gregge dalla frazione di San Nicola, per poi scendere in autunno dalla montagna: la transumanza verticale, netto contrasto davanti all’autostrada A24! IL latte è portato ad una temperatura di circa 40 gradi, il caglio, poi riposa, e le mani che stringono la matassa di formaggio, la compattano, poi il “surgittu”, l’assaggio di un lembo di formaggio, si taglia con uno spago e si confeziona nelle forme: il primo sale e la stagionatura del pecorino, e infine la ricotta. Castiglione. Restano le ombre, che si allungano, al tramonto, alle nostre spalle. La “Porta” di Forca Castiglione, il “satellite”, si chiuderà, con le sue “informazioni”, la memoria, i segnali, i bit, il viaggio… nello spazio – tempo…