Testo di Vincenzo Battista.

“L’uccello scuro che il re” eccome se non ci aveva visti risalire il pendio; il “Chrysaetos”, dal greco, per via del colore castano – dorato che gli cinge la testa, ha continuato a veleggiare, sospinto dalle correnti calde ascensionali che si impattano e risalgono sulla dorsale, ha continuato a prenderle con le sue ali sospinte in avanti di due metri che terminano con le penne alle estremità: sembrano dita, ma addette a regolare il flusso d’aria, a filtrarla, lentamente, quasi come per magia, senza mai rischiare lo stallo in volo e continuare così, a girare, in una geometria di cerchi sempre piùstretti fino a volteggiarci sopra, incurante di noi, con quella vista, dal cielo, che è otto volte più acuta di quella umana. L’aquila reale delle Malecoste. Uno spettacolo. E poi quelle inconfondibili chiazze bianche sotto le ali che attraversano il suo enorme domicilio territoriale, e spingono fino a 200 kmq. , alla ricerca della nidificazione su speroni e nicchie per lo più a strapiombo, sovrastanti le forre, dominanti, come questo tormento e imprecazione che si chiama Le Malecoste: una morfologia accidentata a metà montagna, una rottura di pendio, un caos geologico con pareti verticali, creste frastagliate, cenge, torrioni e guglie, pilastri e su uno di questi, frenando l’aria con le ali convesse, eleganti, le zampe possenti portate in avanti, l’aquila si ancorata con i suoi artigli, ancora più vicina a noi, imponente davanti la valle del Vasto. Ma solo una sosta. Si è slanciata poi dalla roccia, ha subito ripreso quota per tornare a guardare il paesaggio e trovare infine il suo obiettivo: i resti di un animale dell’inverno trascorso, nei pressi di uno stazzo fortificato d’altura protetto da pietre a secco, alle pendici di un pilastro di roccia. Quando siamo arrivati lì, l’aquila delle Malecoste dopo il pasto, di nuovo in volo, aveva abbandonato il sito e anche la sua corte di corvidi e altri piccoli rapaci (una sorta di giostra che gli girava intorno),salita sola nel cielo dove solo la sua specie può osare, ha continuato a volteggiare, sopra, Cima Wojtyla, la Cima di Giovanni Paolo II: uno spettacolo, infine, questo, denso di simbolismo.

 

Lo stazzo fortificato delle Malecoste, a quota 1700 ca. lungo la linea dei primi, nell’ascesa, contrafforti affioranti il versante della montagna, cinge, con le sue mura perimetrali con pietre a secco, le pendici di un pilastro, per la difesa un tempo del gregge.

 

Fotografie: Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, e “Sentieri e Sapori”,WordPress.com

 

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