Il mito della conduttura del latte.

Testo e fotografia di Vincenzo Battista.

L’opulenza dei ricchi pascoli, la “celebrazione” dell’abbondanza, la ricchezza dell’allevamento transumante bovino e ovino con le grandi produzioni di latte avevano creato il mito di una conduttura, in ceramica raccontano, una leggendaria condotta che scendeva e trasportava il latte munto dal villaggio d’altura delle Pagliare, ubicato a 950 metri sui grandi pianori sirentini, fin sotto l’abitato di Tione degli Abruzzi (580 m.) nel solco del fiume Aterno, scomparso alle nostre spalle, quando con l’elicottero in quota planiamo e superiamo il rilievo di colle Alto, la grande barriera boschiva. Davanti le immense praterie dei piani di Iano e di valle Bovacchia, con i pozzi in pietra di raccolta delle acque, i laghi carsici, le mandrie al pascolo, la lunga parete nord del massiccio del Sirente sullo sfondo, il villaggio delle Pagliare di Tione all’estremità, ai margini delle aree di pascolo e la chiesa della Trinità, il santuario, isolato, su una deserta carrareccia, di collegamento, poco distante dalla via che conduce all’abitato, che da lì a poco si animerà con decine di persone in processione con i cesti della devozione, il pane benedetto della SS. Trinità. La chiesa era custodita da un’eremita, raccontano, e prima della seconda guerra si svolgeva una fiera intorno all’edificio religioso databile ai primi decenni del XVI secolo, mentre le funzioni religiose che si celebravano erano legate alla benedizione dei terreni, prima della trebbiatura. Nella processione, inoltre, viene ancora esposta la Croce del 1545, in rame dorato con crocifisso in argento del maestro orafo Vincenzo Goberna.

 

Ecco il “ritratto” infine, la cronaca della processione della Trinità nelle Pagliare di Tione degli Abruzzi, dello scrittore Massimo Lelj (nato a Tione nel 1888, e lì vissuto sino all’infanzia), in “Stagioni al Sirente”, libro edito nel 1933.

“… Quando tutti sarebbe giunti lassù, dopo quattro ore di ascensione, preceduti dal sagrestanello, in veste azzurra e cotta, col crocefisso d’argento massiccio cesellato; preceduti dalla faccia rubiconda e rasata del parroco, che sarebbe sbucata come un trofeo sorridente dalla massa d’argento e di seta dei paramenti e dalla sua corposa persona, trasportata da un asinello insellato; attorniato dagli stendardi leggeri di broccato sventolanti l’immagine della Madonna Santissima della Trinitˆ, e seguiti da una retroguardia di somari con le selle e i capezzoni conservato e odoroso, somari cavalcati da canonici, da giovinetti, da villereccie matrone che, di tanto in tanto, avrebbero levato un grido, perché  gli asini, come le capre, sogliono ostinarsi a camminare sul ciglio dei burroni. Allora si celebrava la messa parata nella chiesetta della Trinitˆ che teneva sotto la sua protezione la pagliara e le terre della montagna. E dopo la messa, i prelati e personaggi locali celebravano un pranzo durante il quale i maccheroni alla chitarra, il vino e l’aria fina tiravano fuori gli umori nascosti della brigata. Allora le famiglie sedevano attorno ad una tovaglia spiegata sull’erba nuova del pendio, ove sorgeva la chiesetta; gli asini, legati ai primi alberi del bosco, si pavoneggiavano, con quelle sette addosso, pascolavano e ragliavano, inebriati dagli odori; le fanciulle tornavano con le braccia colme di margheritoni gialli, di campanelle e di fiori ignoti, che nascevano nel giardino del Sirente, insieme con le erbe misteriose le quali servivano per curare la sciatica e il mal di petto e magari per fare uno di quei filtri che le donne chiamavano la legazione. Dalla prateria giungevano gli ultimi colpi dei cacciatori di allodole. Intanto le porte chiuse erano state spalancate, nei casolari riardeva il fuoco e dalla chiesa si vedevano i camini fumare in massa. Così le pagliare ripigliavano fiato…”.

 

La processione si dirige al santuario della Trinità, poco distante dal villaggio delle Pagliare di Tione degli Abruzzi.