Oggi, quella “Pietà” senza tempo.

Testo e fotografia Vincenzo Battista.

Domenica 9 maggio appena trascorsa, la festa della mamma e la Basilica di San Pietro a Roma, pochi visitatori (si possono contare), nello spettacolo, unico, senza affollamento, quasi metafisico. L’imponente architettura che ci sovrasta come non l’avremo mai più rivista così, spoglia di pubblico, in quei 23 mila metri quadrati e la sua altezza alla cupola di 132. m. Si resta attoniti per quanta ricchezza artistica il luogo di culto celebra, nel suo primato, nel vertice delle arti visive del pianeta. Nella navata di destra la Cappella che ospita il gruppo scultoreo della “Pietà” di Michelangelo, autore appena ventitreenne. Ci avviciniamo, sopra la balaustra qualcuno ha poggiato una rosa per quella madre della “Pietà”, una sorta di macigno sulle coscienze ci appare, vorremmo quasi non vederla la scultura per il carico emotivo, allontanare da noi quella figurazione dal peso insopportabile, di un realismo che non ha tempo, ma ora è lì la Madonna – bambina in questa festa della Mamma, la rosa, lei, la madre. Apre, nella scultura, la mano sinistra quasi a voler dire ecco, è tutto qui, è quello che avete voluto, lo potete vedere mio figlio adagiato sul mio grembo, morto. Lei, comunque, non incolpa assorta così com’è, ha il viso chinato che scende sul corpo di suo figlio, non ci guarda, è distante e il suo abbigliamento, il suo panneggio broccato, ampio, sontuoso in quel corpo piccolo, fragile, epico di un volto che ha dovuto subire tutte le sofferenze di suo figlio, con dignità. Il suo manto è un sacello, e la sua pietà ha un’altissima compostezza morale, uno stato d’animo quasi indecifrabile per il suo ruolo, una condizione psicologica, lì c’è lo spirito emozionale del giovane Michelangelo che precede il tempo, lo anticipa e lo ferma per l’umanità tutta. Vasari (pittore, architetto e storico dell’arte italiano) dirà, al tempo di Michelangelo, che un sasso, senza nessuna forma, è diventato carne…. È adesso Cristo. Non c’è strazio nella sua scultura, nel corpo, ci domandiamo con i ragazzi del liceo “Cotugno” – L’Aquila, ma lui, è “un’umanità” del “dopo”: Gesù è deposto dalla croce, è un corpo che si è “liberato” e giace, senza peso, adagiato sulle gambe di Maria con il volto medio-orientale, tutta la scultura adesso è “silenzio”, il corpo “leggero” sul grembo di Maria, come un tempo, il suo bambino addormentato. Il corpo è sfuggito alla tortura e allo strazio della crocifissione, non è deturpato dai supplizi che ha subito. La Madonna – bambina della “Pietà” e la bambina – madre il paradigma, così ci appare nelle sue foto, e poi quel corpo straziato nell’azienda tessile dove lavorava a Prato, lascia un bambino che non rivedrà mai. E quei poveri Cristi e le madri che affogano nel Mediterraneo: si prepara l’esame di Stato, la materia, storia dell’arte, è chiamata a contestualizzare, ad attualizzare, giammai come uno scrigno dei saperi che si apre e si chiude, ma, ditelo voi…