Quarto Step. Liceo “Cotugno” – L’Aquila.Classe 3 C Scienze Umane, didattica a distanza. Didattica a distanza.

Quaderno di Arte. Lettura opera. “La fanciualla di Anzio”

La fanciulla di Anzio, è una scultura romana in marmo (h. 170 cm), che proviene dalla villa di Nerone ad Anzio ed è oggi conservata al Museo nazionale romano di palazzo Massimo a Roma. Era di creazione ellenistica, probabilmente del III secolo a.C., accomunata forse a qualche opera di Doidalsa. Le vesti, particolarmente increspate, lasciano supporre che la statua possa essere un’opera originale ellenistica e non una copia.
La statua fu rinvenuta nel 1878 in una nicchia del doppio porticato che dava sul mare della villa di Nerone ad Anzio.[1] La statua è stata fatta con due differenti marmi: pario per la spalla nuda e pentelico per i vestiti. La statua si appoggia sulla gamba sinistra e sostiene un vassoio, che la fanciulla osserva.

Il movimento della giovane ha scoperto la parte superiore del seno. La giovane ha inoltre arrotolato un pesante mantello per non inciampare. Al centro della composizione troviamo il vassoio, dove troviamo un rotolo (volumen) semiaperto, un ramo d’alloro e un oggetto del quale rimangono solo due piedi a forma di zampa felina.
Il ramo d’alloro ha probabilmente il significato, in quanto questa pianta era sacra ad Apollo, di essere stata utilizzata per un rito dionisiaco. Alcuni studiosi l’hanno pertanto identificato con la Pizia, vale a dire la sacerdotessa delfica di Apollo, oppure con una giovane fanciulla preposta a portare gli oggetti rituali del culto dionisiaco.

Celebre statua ellenistica. È una delle statue più singolari dell’antichità; rinvenuta nel 1878 ad A., presso l’Arco Muto, fra le rovine della Villa di Nerone, e conservata attualmente al Museo Naz. Romano, era posta su un piedistallo e situata in una nicchia. (Una nicchia simmetrica accoglieva un’altra statua, di cui però non è rimasta traccia). Formata di due blocchi di marmo – uno più fine per la testa, la parte nuda della spalla destra, il petto e la parte superiore del braccio destro – la statua (alta m 1,70) riproduce una giovinetta volta sulla sinistra che avanza vestita di chitone ed ampio himàtion; con la mano sinistra regge un piatto rituale, sul quale sono una benda di lana arrotolata, un ramo di alloro piegato ed una piccola zampa anteriore di leone, che probabilmente doveva appartenere alla base di un tripode. Si tratta di tutti elementi votivi, onde la comune identificazione della fanciulla con una sacerdotessa o, comunque, con un personaggio connesso con qualche cerimonia di culto.

La singolarità dell’atteggiamento, la libertà inventiva, la raffinatezza stessa dell’esecuzione hanno reso difficile e discordante l’interpretazione della figura. Così alcuni vi hanno visto un originale greco, altri una copia romana di altissima qualità (Curtius), qualcuno ancora è stato indotto dalle forme ancora acerbe della fanciulla a vedervi un giovane uomo in vesti femminili, come avveniva in alcune cerimonie religiose primitive. Il Curtius, riferendosi ad una pittura pompeiana, pensa che la statua facesse parte in origine di un gruppo con Ifigenia. Stilisticamente la Fanciulla di A., per il vivido colorismo ed i ritmi incrociati della struttura, viene collocata dai più nella seconda metà del III sec. a. C., opera probabilmente della cerchia dei figli di Prassitele, che fusero le esperienze paterne con i portati delle nuove conquiste lisippee. Fra le numerose attribuzioni proposte, oltre quelle prive di consistenza a Leochares e a Prassitele, vi è quella a Phanis (v.) allievo di Lisippo, autore, secondo Plinio (Nat. hist., xxxiv, 80) di una “donna che sacrifica” che però è ricordata come in bronzo. Esiste una replica, in piccolissimo formato, rinvenuta a Roma, in cui la figura ha gli attributi di Igea; se ne conserva solo il torso.