Nascosta tra i sacchi di patate, le mele, gli attrezzi agricoli e la legna: la Madonna di Sivignano, il dipinto medievale su tavola. L’Aquila e L’Alto Aterno.

Testo e fotografia Vincenzo Battista.

Partiamo come se fosse un thriller, poi scopriremo forse che di questo si tratta, non da un copione redatto da uno sceneggiatore di un film o un romanzo, ma di una storia vera: Madonna di Sivignano, ( cm.128 x53) oggi al Museo Munda – L’Aquila, una delle rarissime icone dipinte su pergamena lucidata e lustrata, con strato di preparazione per la tempera, duecentesco, datazione 1250 – 1270  ca. ( F.  Zeri).  Secondo lo storico Matthiae 1275-85, produzione umbro- abruzzese. Sulla testa una corona metallica, finemente cesellata con i gigli della casa D’Angiò, andata perduta forse nel genere ”noir” della storia che racconteremo.

Ambientazione.

Sivignano, frazione di Capitignano, Alto Aterno. E’ lì che si muovono gli attori – protagonisti, è lì la scena del crimine, ci torneremo. Ma adesso Roma, siamo intorno al 1947, il mercato che si muove intorno all’antiquariato colto. Un collezionista si rivolge a Federico Zeri, uno dei più noti storici e critici d’arte italiano, per avere conferma dell’autenticità del dipinto: gli mostra l’opera, una Madonna con il Bambino. Ma prima di Zeri, altri avevano dichiarato l’assoluta autenticità, attestata persino da un paleografo e da una schiera di restauratori e storici d’arte che concordarono nell’originalità intorno al XIII secolo. Ma qualcosa non tornava. Zeri era perplesso, guardava e riguardava, esaminava quella Madonna con il Bambino in un laboratorio di restauro. Poi, dopo alcuni giorni, la rivelazione: su una piccola decorazione costituita da tre pallini bianchi del manto della Madonna, l’unghia dell’indice penetrò nel colore. Impossibile il colore fresco dopo 700 anni! Il dipinto era un falso straordinariamente lavorato con dorature, colle, legni, e pitture preparate da un abile falsario, attestò Zeri. Si scoprì dopo, che non si trattava di un semplice falsario, ma il più importante in Italia. Ma il dipinto aveva un nome? E’ perché ne era stata fatta una copia, doveva forse sostituire un originale?

Ma torniamo a tre anni prima. Che cosa era accaduto?

Siamo tornati a Sivignano, il thriller entra nel vivo. Lì non c’era internet, facebook o altro, ma il fronte bellico che si spostava, 1943- 1944. La zona teatro di guerra e combattimenti, sfollati, rifugiati e una comunità locale in pieno dramma sociale. In quel clima di incertezza si muovono il parroco, alcuni estranei e un fotografo con agenti forestieri che nottetempo dovevano procedere a trafugare la tavola “Madonna di Sivignano” sì, quella Madonna con il Bambino, dalla nicchia della chiesa di San Silvestro del piccolo borgo e quindi sostituirla con la copia falsamente riprodotta e smascherata da Zeri dopo alcuni anni, come abbiamo detto, nel 1947.

Intorno al 1943 – 1944. La narrazione e la “scena del crimine”.

La gente del paese i quegli anni della guerra, accortasi di strane manovre del parroco e dei suoi agenti nel borgo di Sivignano, “ si sono alzate le voci, volevamo proteggerla – dicevano in paese”, e quindi si attivarono per staccare dalla nicchia della chiesa di San Silvestro la tempera su tavola che rappresentava appunto “la Madonna di Sivignano” avvolta con tele di sacco e lenzuole. Iniziarono a spostarla nei fondaci e nelle cantine del paese tra i sacchi di patate, le mele, gli attrezzi agricoli e la legna. La pittura veniva coperta con stracci e legni per nasconderla e poi, attraverso un programma di trasferimenti continui noti solo ad alcune persone, tra cui la famiglia di Nazzareno Ventura e la giovane Muzi Marcella, l’opera d’arte cambiava la collocazione, continuamente, per far perdere le tracce e metterla in sicurezza in quei luoghi dove forse i malintenzionati l’avrebbero cercata. Così fu salvata dal saccheggio.

Protagonisti a distanza. Zeri e la comunità di Sivignano.

Protagonisti a distanza, senza saperlo, nello sventare il tentativo di trafugamento e sostituzione dell’opera d’arte “ Madonna di Sivignano” con una copia, sono stati Federico Zeri e la comunità di Sivignano.

Terminata la guerra, dopo alcuni anni, Federico Zeri informò le autorità locali che inviarono i carabinieri al paese per svolgere le indagini, ma la gente di Sivignano non voleva restituire la “Madonna”, si scatenò una sassaiola, ci fu un “combattimento” popolare: “Poi un giorno in piazza – raccontava Muzi Marcella – a Sivignano, venne tanta gente, anche i carabinieri; si riunì tutto il paese: andarono davanti la casa di Ventura. Erano quattro carabinieri e cominciarono a parlare, ma noi non volevamo dare la tavola della Madonna. La gente spingeva, i carabinieri si erano innervositi, diedi un calcio a un militare, anche loro menarono, qualcuno si fece male. Io non la voleva dare: “La Madonna non c’è” dicevo. Invece Narrareno si mise paura, la prese e la diede ai carabinieri. Noi avevamo nascosto la Madonna per non farla prendere ai ladri, doveva restare a Sivignano”.

La comunità locale, decisiva.

Custodita e infine salvata da una piccola comunità dell’Alto Aterno, molto più di una tempera su tavola, il ritratto della Madonna ci guarda e narra quasi un tempo immateriale tra queste plaghe montuose; ci fissa, enigmatica, ieratica, senza debolezze, senza incertezze nel volto ovale, l’incarnato piatto, e con i suoi grandi occhi bizantini castani: lo sguardo, in definitiva, da cui non è possibile rifuggire forse ci parla della sua memoria, molto, molto vicino alla pittura romana, la ritrattistica del VII – IX secolo, ma soprattutto è lì, come un sudario impregnato di quella pietas popolare delle classi sociali basse, inconsistenti e senza voce, i coloni e gli schiavi del contado aquilano al servizio del potere civile dei Castelli e soprattutto ecclesiastico della diocesi dalle grandi strutture conventuali disseminate sul territorio. Ma, loro, senza possibilità di emendarsi, a cui non era consentito persino di “vederla” la Messa, solo ascoltarla nel fondo delle chiese, dietro una paratia e davanti il potere costitutivo dominante. Ebbene, è quel popolo minore che protegge, salva e custodisce senza nulla chiedere, e dopo 745 anni, quei grandi occhi bizantini castani, quello sguardo indefinito nel volto ovale che tutti noi oggi sì possiamo ammirare, ne siamo sicuri, appartiene a loro…

Le immagini.

La tavola “Madonna di Sivignano” esposta al Munda- L’Aquila.

Archivio F. Zeri.  La Madonna con la corona metallica cesellata con i gigli della casa D’Angiò andata perduta ( immagine in bianco e nero).

Immagini della chiesa di San Silvestro – Sivignano ( AQ) prima dell’abbattimento.

La costruzione della nuova chiesa.