Quella Croce di smalti, argento e rame dorato nelle processioni dentro la città dell’Aquila.

Testo e fotografia di Vincenzo Battista.

“Lui c’è, noi un po’ meno, siamo già fantasmi, non so quanti di noi riusciranno a resistere quattrocento anni, cinquecento anni di storia e quanti di noi riusciranno a lasciare tracce che abbiano qualcosa di simile a quello che ha lasciato Nicola da Guardiagrele…”. E’ Vittorio Sgarbi che parla della bellezza, segreta, non di un minore, ma di un artista che la “geografia” dei libri di storia dell’arte, egemonici della civiltà toscana e fiorentina rinascimentale, ha ignorato. Un fenomeno, Nicola da Guardiagrele,  “conosciuto come Dio, soltanto per le sue opere” hanno detto di lui, apparentemente locale, ma centrale nella coscienza storica – artistica, riferimento essenziale della raffinatezza dei capolavori di oreficeria, come le sue croci astili e processionali simboli trionfanti del culto non solo religioso, sfarzo straordinario di materiali preziosi che evocano la bellezza divina, sublime, metafisica e filosofica. Bisogna salire sulle sue spalle, da gigante, come dicevano gli Illuministi, per guardare oltre, comprendere l’orizzonte dell’Umanesimo entro cui si collocano i suoi capolavori ” Io ti ho collocato al centro del mondo, disse il Creatore ad Adamo… affinché tu sia libero educatore e signore di te medesimo” sintetizza così, in questa frase, l’umanista quattrocentesco Pico della Mirandola i valori fondamentali della politica dell’arte, della morale, della scienza, della libertà e della creatività racchiusi e pronti ad imporsi nel Rinascimento, nello spirito dell’ Uomo Nuovo che Nicola da Guardiagrele (orafo e scultore, nato nel sec. XIV – morto poco prima del 1462), il più importante orafo del secolo che interpreta insieme a Ghiberti, Donatello, Piero della Francesca, Masaccio, nel modello iconografico quattrocentesco, per esempio, il dolore della Crocifissione e della Resurrezione; la Deposizione, l’Incoronazione della Vergine, la Madonna con il Bambino, gli Evangelisti e il Redentore: valori plastici “centro del mondo” dell’Umanesimo, narrazioni visuali che avvolgono nel verso e nel recto la Croce processionale di Nicola in lamina d’oro sbalzata, incisa, e ancora rame dorato, cesellata con finiture di ori e smalti: Legenda Aurea piantata come un totem nel nostro tempo, proviamo a pensare, tra software e processori, economie in tempo reale che si spostano da una parte all’altra del pianeta, cambi, quotazioni, rapidi aggiornamenti telematici, repentini, la Croce processionale di Nicola da Guardiagrele, lì collocata al centro di questo mondo virtuale, sembra associarsi al mito della memoria, alla stele, al monolite del film ” 2001 Odissea nello spazio” di Stanley Kubrick che improvvisamente e misteriosamente appare: senza tempo, essenziale, ferma, rigorosa nell’arcana forza evocatrice e consolatrice, nei valori estetici che raccontano un tempo lontano, il nostro, leggendario, dentro l’impianto urbanistico della città, quando portata da uno stauroforo (chi porta la croce durante le processioni) nelle vie della città dell’Aquila, stordiva per il suo fulgore e i suoi interminabili riflessi di oro, argento e platino che  abbagliavano i fedeli mentre la toccavano, impressionava per la magnificenza le folle inginocchiate, solenne avanzava negli spettacolari lunghi cortei processionali delle corporazioni delle arti aquilane e confraternite penitenziali per stupire, sì, ancora oggi, nel nostro “Nuovo mondo…”.

 

Le immagini.

Museo Munda, L’Aquila. Croce processionaria di Nicola da Guardiagrele, primo quarto del XV secolo. Argento fuso, sbalzato, cesellato (la croce); rame dorato e smalti ( il nodo). Rappresenta il Crocifisso, la Vergine a sinistra, San Giovanni Evangelista a destra, l’Eterno Padre (in alto), san Francesco d’Assisi in basso. Cartoline d’epoca, processioni L’Aquila e dintorni.