Si propongono, in continuità con la prima parte, altre immagini del carnevale a San Demetrio né Vestini.
Mercoledì 1 marzo, terza e ultima parte.

Testo e fotografia di Vincenzo Battista.

” Saluto il signor Sindaco, Consiglieri e Assessori sia fedeli possessori di saggezza a governar. Un saluto al Segretario uomo svelto e assai sapiente i diritti della gente lui sa bene interpretar. Un saluto al Maresciallo e ai Reali Carabinieri che fanno sempre i loro doveri e tranquilli ci fanno star”. La recita delle quartine, inizialmente piene di lusinghe e lodi, doveva forse volgere al peggio e procurare qualche problema al tribuno inquisitore, il feticcio della coscienza civile, per un giorno all’anno, che in piedi, su un podio in piazza, con un napoleonico vestiario, omaggiato e riverito davanti al popolo che lo aveva elevato a simbolo, consegnava in versi il suo “Testamento” : la “verità della verità” data in pasto… Il Re Carnevale. Il Signore della Festa. Don Ciccio il “Re Sacerdote”, il martedì grasso, ricordato a Pettorano sul Gizio, “officiava” nel 1920 il rituale della “liberazione” della società leggendo il “Testamento”: poteva beffarsi di tutti, spingersi fino ad ogni limite e immaginazione: inscenava una confessione pubblica dei peccati della comunità locale attraverso elementi comici, satirici, di denuncia pubblica dei peccati che finivano però per rafforzare il senso di appartenenza e manifestavano tutta la forza espressiva della cultura popolare. Tutto questo a Pettorano era permesso, forse in ragione della lunga tradizione delle antichissime serenate carnascialesche di cui parla anche lo storico Pietro de Stephanis ( 1807 -1894 ), oppure le sceneggiate di Don Giuseppe Giannetti eseguite la prima volta nel 1888. Ma accadde un “fatto”; la fantasia superò l’immaginazione del Re Carnevale. Il luogo dove l’inchiesta ha dato i risultati più interessanti – scriveva l’etnologo Paolo Tosti nel saggio “Le origine del teatro italiano” pubblicato nel 1953 – perché ha messo in luce numerosi ” testamenti” di carnevale, è Pettorano sul Gizio. Dai manoscritti originali dei “testamenti” che abbiamo potuto avere sott’occhio, e ove appaiono qua e là, cancellature con lapis blu, le strofette che hanno subito censura preventiva dal maresciallo dei carabinieri o dal sindaco, perché ritenute eccessivamente offensive o sguaiate si possono trarre le originari composizioni. Prima di essere eletto davanti a tutti, il testamento viene esaminato dalle autorità locali, che dopo aver censurato quanto ritiene censurabile lo approva con una dichiarazione firmata in calce al manoscritto”, unico esempio in Europa scriveva Toschi, che sorprende, poiché le istituzioni certificano come il “Testamento” assuma il carattere in definitiva di atto pubblico riconosciuto e deliberato, che “imbarazza” però le stesse istituzioni fino al punto che viene quindi censurato…. Il carnevale dunque: la sospensione del diritto, la rivisitazione delle norme e regole sociali nel rito di distruzione simbolica del passato, prima che la Quaresima, “l’astinenza”, dal mercoledì delle Ceneri, faccia da contrappeso, ricomponga quella società capovolta, bizzarra, burlesca di saltimbanchi e giullari che ha le sue origini nelle epoche oscure del Medioevo europeo. Il carnevale: il “male” accumulato tutto l’anno diventa verità per finire poi narcotizzato dal tempo liturgico cristiano. Ma si risveglierà, nelle piazze. Possiamo star certi.

Fotografie. Il carnevale a San Demetrio né Vestini. Altre immagini dell’iniziativa promossa, nel 2014, dalla Pro loco di San Demetrio né Vestini.

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