Testo e fotografia di Vincenzo Battista.

I temi dell’affabulazione, ossia l’intreccio di eventi fantastici e l’immaginario delle persone narranti, che aggiungono racconto al racconto, miscelano emozioni, storie personali e desideri per migliorarsi in quei mondi fantastici in cui vorrebbero vivere: la fiaba appunto, alla ricerca di una sua libertà, la sospensione in un tempo altro, per viverlo in una sorta di sedativo della vita, spesso di dolori e pene insopportabili, da cui allontanarsi. E il Natale, con tutto il suo apparato di significati e allegorie è forse una catapulta, per lanciarsi, per liberare le sopite aspettative nella magia della leggenda viaggiatrice nel tempo e nello spazio, misteriosa forma di comunicazione, dalle parole che aprono nella mente scenari magici, impensabili e carichi di mistero, ma che tutto sommato sono intorno a noi, nel ricco patrimonio immateriale dei beni culturali depositati nel paesaggio della provincia dell’Aquila, che ne è appunto una sorta di scrigno, un giacimento. Con la trama delle storie raccolte, dall’oralità al racconto scritto, si giunge a quella transizione emozionale, come afferma lo psichiatra Paolo Crepet: “Affabulazione, parola desueta in epoca di grandi trasformazioni della quotidianità e di tecnologie applicate all’educare. Eppure non c’è nulla di più moderno della lettura di una fiaba, e nulla di più utile alla crescita di una comunità cosciente. L’affabulazione è, infatti, una forma straordinariamente efficace di pedagogia emotiva, uno strumento per costruire e saldare un rapporto affettivo. C’è bisogno di raccontare e di ascoltare, lo dice una palpabile disperata necessità di tornare a sentire e sentirsi. A immaginarsi ogni volta diversi e vivi. Una necessità che sembra invece poter affiorare soltanto di fronte alle catastrofi, alle stragi, alle guerre, alle devastazioni. Come se l’uomo potesse ritrovarsi solamente davanti alla morte. Eppure educhiamo i nostri figli a fuggire ogni forma di dolore, ci ostiniamo a volerli tutelare infarcendoli di superfluo. Forse per tornare a sentire dobbiamo innanzitutto rassicurarci, per non spaventarci troppo del mondo che abbiamo appena costruito: ma rassicurazione non è fuga, ma consapevolezza, acquisizione di coscienza, assunzione di responsabilità. Le fiabe – soprattutto quelle classiche, le più belle – sembrano scritte da persone sadiche tanto sono affollate di mostri, streghe, personaggi spaventosi, scene raccapriccianti. Naturalmente ci sono anche fate e principi, battaglie eroiche e imprese strabilianti: perché lo scopo principale di una buona favola – ovvero di ogni storia – è suscitare emozioni, emozioni forti e contrastanti, la ricerca della nostra identità più celata”. Torna quindi la fiaba, il mondo sospeso e la sua dimensione emotiva, con tre testi che saldano il patrimonio locale con la fascinazione: rende quasi uno stato ipnotico, con la memoria delle storie ascoltate e ripetute, all’infinito, che corrono su una banda larga sedimentata, si inseguono, non hanno mai fine tanto che possono diventare anche immagini, pittura, come nella tempera su tavola “Adorazione dei Magi” di Sandro Botticelli, anno 1475. Oltre la raggiunta maturità nel segno e nel colore di un giovane Botticelli protetto dal mecenatismo dei Medici, la composizione racconta il cammino fiabesco dei personaggi avvolti dal mistero, criptici e da un’atmosfera irreale, anche di una velata tristezza in un raccolto sospeso nel tempo. Magi, impersonati da Cosimo il Vecchio, Piero il Gottoso, Giovanni di Cosimo, defunti negli anni sessanta e poi Lorenzo il Magnifico e suo fratello Giuliano (morirà nella Congiura de’ Pazzi) insieme ad un autoritratto dello stesso Botticelli con Pico della Mirandola, Agnolo Poliziano, Filippo Strozzi, Lorenzo Tornabuoni e Giovanni Argiropulo letterato greco da Costantinopoli e sullo sfondo, dietro la Natività con un pavone simbolo dell’immortalità, le rovine romane nel declino del mondo pagano, i templi crepuscolari sovrastati dalla cristianità che costituisce il sigillo tra passato e presente insieme alla saga dei Medici: il trionfo degli uomini leggenda e del loro principato che per decenni hanno dominato incontrastati. Ma leggendo il quadro, scrutandolo, si è come immersi in una favola, una lunga storia fatta di tanti personaggi che si possono raccontare: può iniziare così l’affabulazione. Davanti a quest’opera d’arte, si è avvolti tra storia e mistero del loro tempo, quello rinascimentale, che viaggia e ci supererà, come una fiaba, appunto, nel tempo e nello spazio.

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