Testo e fotografia di Vincenzo Battista.
Ha rallentato il suo metabolismo per tutto l’inverno, nel letargo ( non si nutre e non si riproduce), poi la vipera ( dell’Orsini), corpo tozzo e testa stretta, quasi triangolare, citata come “relitto glaciale”, tanto che risale all’ultima glaciazione ( un milione di anni fa; vive dai sette ai dieci anni, specie protetta da varie convenzioni internazionali), si è risvegliata ed è uscita da una profonda buca, sulla dorsale di monte San Franco nel Gran Sasso d’Italia, con quel muso appiattito, la pupilla verticale e la lingua che si muoveva a tratti, freneticamente, ad una quota di circa 1900 metri ( la montagna è alta m. 2132), sul fianco meridionale di monte San Franco appunto. Fuori, inaspettatamente, ha trovato la neve invece della prateria appenninica d’alta quota, le rocce calcaree affioranti, le cavità del terreno spugnoso e il ginepro nato che costituiscono il suo habitat naturale, per prepararsi all’accoppiamento e alla riproduzione nei mesi successivi. Profonda ed estesa, la coltre di neve in quel versante è diventata una pista utilizzata ( al centro si trova la cavità con la vipera) per lo sci alpino d’escursionismo. La montagna di San Franco, dunque, conferma la sua natura inconsueta, sorprendente, aspra, dedicata all’eremita, ” ove i pellegrini vanno a strofinarsi per terre e pareti” è scritto, per protezione, in onore del Santo. Ma anche natura protettrice delle acque, degli orsi un tempo, lupi e serpi, ” ammansiti” dalle virtù del santo Franco, taumaturgo e pellegrino di Assergi, che ha unito spiritualità ed ecologia come nessun altro tra gli anacoreti del Gran Sasso d’Italia.