Settembre 1943, quel fascio di carte sotto la terra.

Testo e fotografia di Vincenzo Battista.

“… Andavano per le campagne, nascondendosi nelle capanne, tra le canne e le piante dei pomodori…  Impaurito, mezzo nudo con una coperta addosso e una tavola rigata, di quelle che si usano per lavare i panni, ci dormiva sopra… Per la miseria, nel canneto c’è un ragazzo, prepara un po’ di latte, mettici qualcosa, io non lo capisco ma deve mangiare…  Era spaventato, era uno scheletro… Quel povero Cristo stava nascosto, voleva parlarci, ma a sentire i tedeschi riusciva solo a tremare… Mia madre faceva la minestra con i cannarozzi neri, ci metteva un po’ di sugo, formaggio, ricotta, faceva una pentola, e io gliela portavo dietro una siepe… Li nascondevamo nelle cantine, nei pagliai, nelle stalle…  Voleva ringraziare mio padre, mise la mano nel taschino per dargli del tabacco, offrì solo le briciole…  La gente faceva grandi sacrifici, rischiava la vita anche perché i tedeschi facevano saltare in aria le case…  Andavo a pascere le pecore e portavo a mangiare ai prigionieri inglesi…  C’era una persona che in tutto segreto radunava gli evasi e li portava sotto Pacentro, alla macchia alcuni si univano con i pastori e le pecore…  Lo vestirono da contadino, gli si misero accanto, con gli arnesi, e lo portarono oltre le linee, lo salvarono…”. Nel film – documento sulla Shoà, “Schindler’s List”, di Steven Spielberg, “la lista è vita” dice un uomo mentre consegna l’elenco dei nomi ebrei all’industriale tedesco Schindler che così li avrebbe salvati dai forni crematori dei campi di concentramento nazisti; “Intorno – continua mostrando la lista – c’è solo il buio, la morte la stessa, implacabile, che attendeva migliaia di fuggiaschi dal campo di concentramento n. 78, di Fonte D’Amore, vicino Sulmona.  “Intorno”, loro, non trovarono Schindler, “Il Giusto”, ma i contadini, i pastori, la gente che viveva nei villaggi alle pendici del Morrone. In molti si salvarono e ” in quelle giornate – ha scritto Azeglio Ciampi – fu scritta con grande spontaneità una vera epopea popolare. Una tra le pagine più nobili e forse tra le meno note della nostra Storia. A quegli eroi, noti o sconosciuti, noi rinnoviamo, con commozione, il nostro grazie. Allora fece il suo ingresso in scena il popolo italiano, con la sua antica civiltà, con la sua grande umanità…”, che riecheggia : “Quel povero cristo stava nascosto…”, ancora si racconta: ” La gente faceva grandi sacrifici” e sembra di ascoltare, a volte, un’unica voce che si era alzata, ribellata, per mettere fine ad una barbarie inaudita e agli eccidi della popolazione civile; “voce” che ancora oggi si tramanda, di casa in casa, da Badia a Bagnaturo, da Case Lupi a Marane, borghi che cingevano il campo “78”, fino a Pratola Peligna, Sulmona e oltre i paesi della Conca Peligna. ” Era spaventato, era come uno scheletro”. Così Vincenzo Petrella trovò l’ufficiale Ujs Krige e i suoi compagni di fuga il 16 settembre 1943. Lui, custode, li nascose dentro la cantina della masseria Villa Giovina, alle pendici del Morrone, dentro una botte di cento ettolitri, (“Come Diogene” scriverà molto tempo dopo Krige nel suo libro) mentre i tedeschi requisivano gli appartamenti della masseria. Petrella li sfamò, li vestì, cambiava loro continuamente nascondiglio e dal Morrone, poi, i fuggiaschi inglesi raggiunsero le linee degli alleati, il punto più settentrionale dell’Ottava Armata, il Trigno. ” La notte che li accompagnai in montagna – ci disse Petrella – Krige mi diede un diario, un fascio di carte, tutto scritto a mano”. Vincenzo lo nascose dentro un barattolo, sotto terra. Molti anni dopo diventerà il libro ” Libertà sulla Maiella” che oggi, leggerlo a distanza di tempo, ci è di aiuto per ricomporre il significato di una parola antica e semplice, “libertà”, e il suo senso nella bufera della guerra, appunto in un brano del libro. Questo. “…Tengo la testa dietro un alberello, in modo che se i tedeschi cominciassero a sparare da questa parte potrei rapidamente coprirmi. Ma la paura mi paralizza. È in essa c’è qualcosa di abietto che mi umilia, come non sono stato mai umiliato in vita mia. E tale umiliazione mi scende così nell’intimo che per la prima volta sento che se avessi un’arma ucciderei senza esitare. Cerco di ragionare. Sono assolutamente certo che non sarò ucciso. Alla peggio mi feriranno. Così non ho paura che mi sparino addosso. Ho paura solo di essere catturato. L’idea della fuga, di attraversare ad ogni costo le linee per raggiungere i nostri è diventata così ossessiva che ogni ostacolo adesso mi risveglia la paura…”.

Villa Giovina, Bagnaturo. Il recipiente in legno, fino al dopoguerra, veniva usato per misurare il grano e attuare lo scambio(baratto) con altri prodotti agricoli.