Testo e Fotografie di Vincenzo Battista.
Illustrazione di Francesco Maria Narducci.

Saliti da Rovere il paesaggio carsico, dolomitico, dai rilievi del massiccio del Sirente, il suo apice geologico, con le sue numerose vette infine, ai nostri piedi, assomiglia alle scatole per contenere le uova: doline e vallecole si modellano senza soluzione di continuità in questo versante sud del massiccio, fino all’alpeggio dei Prati di Santa Maria nel comune di Aielli, per terminare giù nella Val D’Arano a pochi chilometri da Ovindoli, ultimo centro dell’Altopiano delle Rocche. Prati di Santa Maria.
Un ambiente illuminato da deboli fuochi degli accampamenti degli stazzi si scorge, li osserviamo dalle creste, prima di scendere di notte e dopo molte ore, arrivare lì, dove si è consumata una storia millenaria alle prime luci dell’alba. Quando le braccia dell’uomo hanno terminato di indicare la collina e le sue “vittime”, accartocciate e scaraventate senza pudore, sul prato, scomposte, irriconoscibili, fantocci sanguinolenti dall’attacco, condotto, forse dopo continui appostamenti ed una pianificazione, quasi militare. “Loro sono stati”, ci dicono, con quelle pupille rotonde, di brace, magri e famelici. Sono passate poche ore, quelle fatali, e adesso le prime luci del vespro. “Hanno guardato per lungo tempo le prede – mi dice il pastore – magari quelle più in difficoltà”, quelle che forse l’allevatore, chiamando per nome ogni animale ( ogni capo ha un nome e un comportamento), ne sa riconoscere i limiti, l’atteggiamento, le “risorse” nell’allattamento e nella cura degli agnelli; lui, il lupo potremmo dire il “killer”, e il suo software “incorporato” nel cervello, re dei mammiferi dell’Appennino, al vertice della catena alimentare, il lupo (Canis, lupus), quello che nei “Fioretti” del XII secolo veniva generosamente chiamato da San Francesco: “Fratello lupo, io so che per fame tu hai fatto ogni male”: ” in linea”, “programmato” da oltre 300mila anni, una macchina perfetta, “cavalleresco” solo con i suoi simili; non commette errori con il suo scanner quando mappa il paesaggio, nato per uccidere illimitatamente, non quello delle favole, ma quello invece che si ciba di un solo animale per volta, mistero questo, rabbia e risentimento dei pastori. Acquattati ai bordi della collina, premuto “invia”, il computer ha iniziato a girare, le immagini nel cervello sono state censite e schedate, elaborate, e i lupi, quindi, nel loro “linguaggio” di fame antica, carico di mistero, hanno sferrato l’attacco prima, trascinandosi i mastini abruzzesi da guardia con una manovra diversiva; dopo, il capo branco, si è spinto, piantandosi fino alle reti di corda, come vuole il loro ” facebook condiviso irriverente…”. Queste poi, le reti di corda, che delimitano e perimetrano lo stazzo, sono state compresse dalla mandria, nel panico, il gregge ha sfondato, gettato giù il recinto: era quello che i lupi, ” relitto” dell’antichità zoologica, invidiabile per la linea strategica offensiva, volevano. La mandria così si è dispersa nella notte e molti capi atterriti si sono riuniti su un dirupo, cercando protezione. Lì sono stati “selezionati” e una dopo l’altra le pecore, afferrate per la gola e trascinate dalla morsa che non lascia scampo, sono state scannate. “All’imbrunire – dicono i pastori – eravamo andati a chiedere il fuoco, a farcelo prestare da uno stazzo vicino per accendere il focolare e mangiare. La morra era tranquilla ed anche i cani. I lupi forse erano in tre, hanno attaccato sotto vento per non farsi sentire dai cani e una sola pecora è stata sbranata delle quindici uccise”. “Se le greggi pastureranno tra le selve e saltus – scriveva nel manuale “de re pecuaria” Varrone, nell’epoca di Roma repubblicana – occorreranno pastori giovani e nel pieno delle forze, che sappiano maneggiare un’arma con la quale proteggere le pecore dai lupi” ma, ai due pastori anziani non resta altro che scavare le fosse e seppellire gli animali, mentre i militari della Guardia forestale eseguono i rilievi, e a testa bassa i pastori di altri accampamenti vicini, accorsi, sperano che la prossima volta non tocchi a loro, in questo corridoio faunistico, in questa autostrada con gli autogrill…, perché i lupi ,forse, ritorneranno: li hanno comunque messi in “memoria”.
Le fotografie. Aerea Gole di Celano, Val d’Arano, il gregge al pascolo.
Per gentile concessione, Francesco Maria Narducci, art – director/illustratore presso starup Advertising, Avezzano.

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