Spoleto, la pittura e la grandezza di Filippo Lippi. Il viaggio scopre la rappresentazione.

Testo e fotografia di Vincenzi Battista.

Filippo Lippi è a Spoleto, il nuovo cantiere, siamo tra il 1466 e il 1469, anno della sua morte. L’affresco: “L’incoronazione della Vergine” nel catino absidale della cattedrale di Santa Maria Assunta. È un film la sua pittura, una sorta di “Cappella Sistina”, la sua ultima rappresentazione da “regista”. Il catino sembra muoversi, dilatarsi all’occhio dell’osservatore, lo sovrasta, imponente quasi ad imprimere e suggellare la piccolezza dell’umanità al cospetto della Vergine. Di lui, molti anni prima, giovanissimo orfanello alle prime esperienze e nella miseria Vasari aveva scritto: “Non faceva mai altro che imbrattare con fantocci i libri suoi e degli altri”. Custode della sua grandezza e suo mecenate è Lorenzo il Magnifico, tanto che nella cattedrale di Spoleto fece realizzare, pagando di tasca propria, il memoriale funebre con gli splendidi versi di Agnolo Poliziano: “Qui sono sepolto io, Filippo, gloria della pittura: a nessuno è ignota la mirabile grazia della mia mano. Con mie dita di artista ho saputo infondere vita ai colori ed ingannare a lungo gli animi che speravano di udire la voce: la natura stessa, fatta manifesta, si meravigliò delle mie figure e confessò che la mia arte e pari alla sua. Lorenzo dé Medici mi ha posto in questo sepolcro di marmo, prima ero coperto di umile polvere”.