Terzo step. Classe 3 C Scienze Umane. Liceo “Cotugno” – L’Aquila. Didattica a distanza.

Quaderno di Arte. Lettura opera d’arte, testo e disegno.

Liceo “Cotugno – L’ Aquila.

SCULTURE ANTICHE: Ercole Farnese (o Ercole in riposo), fine II-inizi III sec. d.C. – Gallery: Museo Archeologico Nazionale, Napoli


Ercole in riposo (noto come Ercole Farnese)
Copia romana, fine II-inizi III secolo d.C., da originale greco della seconda metà del IV secolo a. C.

Esposta fino al 1787 nel cortile di Palazzo Farnese a Roma, la colossale statua fu scoperta a metà del Cinquecento nell’area delle Terme di Caracalla; trasferita a Napoli, fu dapprima destinata a Capodimonte e poi, nel 1792, al nascente museo del Palazzo degli Studi, dove, nei burrascosi anni del dominio francese, riuscì a sfuggire alle mire di Napoleone, che per ben tre volte aveva organizzato la sua spedizione in Francia.

Dei numerosi restauri di cui la statua fu oggetto, il più famoso resta quello di Guglielmo della Porta, il quale su incarico di Michelangelo, curò di rifare le gambe perdute, che i Farnese non vollero sostituire neppure quando urono trovate quelle vere, “per mostrare che le opere della scultura moderna potevano stare al paragone de’ lavori antichi”. Solo più tardi, e per volere dei Borbone, furono reinserite le gambe autentiche, che il re di Napoli aveva ricevuto in dono dalla famiglia Borghese.

Allo scultore ateniese Glicone, come recita l’iscrizione incisa sulla roccia sotto la clava, si deve l’esecuzione dell’opera, copia del colosso bronzeo dell’Eracle in riposo di Lisippo da Sicione.

Descrizione dell’Ercole Farnese di Glicone di Atene

Ercole dal corpo massiccio e maturo si riposa appoggiato alla sua clava coperta dalla pelle del leone Nemeo. L’eroe ha appena terminato le dodici leggendarie prove e nella mano destra nascosta posteriormente stringe alcune sfere.

Ercole o Eracle fu sottoposto dagli dei ad una serie di dodici terribili prove. L’eroe umano però riuscì a vincerle brillantemente battendo gli dei gelosi. Il figlio di Zeus diventò così il simbolo del riscatto dell’umanità sulle prove volute dalle divinità capricciose. L’Ercole di Lisippo è un eroe umano e quindi portatore anche di difetti e mancanze. La sua interpretazione ebbe molto seguito e fu presa a modello da future generazioni di artisti. Infine gli oggetti sferici che il protagonista stringe nella mano destra sono i pomi sottratti nel giardino delle Esperidi.

La scultura che ritrae Ercole è esposta al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. In seguito al suo ritrovamento, nel 1546 la statua diventò proprietà del cardinale Alessandro Farnese ed entrò a far parte della sua collezione. Trovò quindi posto nella sala d’Ercole di Palazzo Farnese. Carlo di Borbone, figlio di Elisabetta Farnese, entrò così in possesso della collezione ereditandola dalla madre. Nel 1787 tutte le opere di arte antica vennero trasferite presso la Reggia di Capodimonte e quindi presso il Palazzo del Real Museo. Una copia della scultura è custodita presso la Galleria degli Uffizi di Firenze.

Analisi

Glicone di Atene fu l’autore di questa copia datata III secolo d.C. della scultura in bronzo di Lisippo del IV sec a. C. Il nome dell’artista si trova infatti inciso sulla base. Gli archeologi ritrovarono la statua nell’area delle terme di Caracalla nel 1546. Durante la civiltà romana si produsse un gran numero di copie che testimoniano la fama raggiunta da questa interpretazione di Ercole. La figura dell’eroe compare anche su monete e sotto forma di piccole statuette. La scultura al momento del suo ritrovamento era priva dei polpacci. Così Guglielmo della Porta, un allievo di Michelangelo ricostruì le parti. In seguito alla scoperta dei pezzi mancanti venne però deciso di non sostituirli. Fu solo a fine Settecento che i restauratori decisero di intervenire e rimettere insieme le parti mancanti. Tuttavia oggi i polpacci di Guglielmo della Porta sono esposti accanto all’Ercole.

Lisippo di Sicione fu autore di una grande rivoluzione nella scultura del suo tempo. Lo scultore scolpì opere che possono essere apprezzate 360 gradi infrangendo la regola della rigida frontalità. Infatti i pomi che Ercole tiene in mano sono visibili sono se si osserva la statua dalla parte posteriore. Inoltre rese più dinamica la posizione dei personaggi ritratti facendo assumere agli atleti e agli eroi pose asimmetriche. La postura assunta dall’eroe in riposo esprime invece una grande potenza controllata nel momento della stasi. Infine inserì una decisa componente psicologica per caratterizzare il personaggio. Ercole non è raffigurato nel momento del combattimento. L’eroe è invece in riposo, quindi stanco, e dimostra tutta la sua umanità prima di assumere lo status di divinità.

La scultura è in marmo e misura 317 cm di altezza.

Il riposo e la malinconia dell’eroe dopo la vittoria: l’Eracle Farnese

Eracle. L’eroe invincibile.

L’eroe delle Dodici Fatiche.

L’eroe instancabile…ma davvero così instancabile?!

Una fatica, secondo i miti, lo stremò e sconvolse particolarmente, sia fisicamente sia psicologicamente…Ma partiamo dall’inizio!

Il nostro eroe, invincibile ma anche estremamente umano, impazzisce e uccide moglie e figli. Tornato in sé vuole porre fine alla sua vita ma Teseo riesce a dissuaderlo consigliandogli di chiedere all’oracolo di Delfi un modo per purificarsi di tutto il sangue versato. Questi lo costringe a mettersi al servizio del re Euristeo, il quale gli ordina di affrontare 12 incredibili fatiche, simbolo della lotta costante tra uomo e natura selvaggia.

L’undicesima fatica è quella che ci interessa, la penultima di queste incredibili imprese: il recupero dei pomi d’oro delle Esperidi.

Queste erano quattro ninfe e vivevano in un meraviglioso giardino nell’estremo Occidente del mondo, oltre i confini della terra abitata, dove avevano il compito di custodire un prezioso albero che dava pomi d’oro, un dono da parte di Gea ad Era e Zeus per le loro nozze. A ulteriore protezione dell’albero, anche dalle Esperidi stesse, Era aveva posto anche Ladone, un serpente dalle 100 teste. Poco distante Atlante, titano padre delle ninfe, sosteneva la volta celeste sulle sue spalle.

Nessuno sapeva dove si trovasse questo misterioso giardino.

Eracle nella sua ricerca si imbatte in Prometeo, fratello di Atlante, il quale gli consiglia di cercare suo fratello e di far cogliere a lui i pomi dorati. L’eroe riesce ad arrivare ai confini del mondo e trova finalmente Atlante: si offre di sostituirlo nel difficile compito per qualche tempo, se questi avesse raccolto per lui i pomi delle Esperidi, e il titano accetta. Al suo ritorno non vuole riprendere il mondo sulle proprie spalle, cerca di lasciare per sempre questa responsabilità ad Eracle ma questi lo batte con l’astuzia: fingendosi onorato chiede ad Atlante di riprendere solo per un attimo la volta celeste in modo da consentirgli di intrecciare una stuoia di corde da mettere sulla schiena e alleggerire così il peso ma fatto ciò…fugge con i pomi prima che il titano possa rendersene conto.

I pomi verranno poi riconsegnati da Euristeo, secondo altre versioni tornarono invece a Eracle che li diede ad Afrodite, per poi tornare a Era stessa, legittima proprietaria.

Una triste conclusione attende però le Esperidi che muoiono disperate per la perdita del loro tesoro e del serpente Ladone, trasformandosi in alberi.

Un successo per l’eroe ma al contempo una triste vicenda che lo segna profondamente…e chi può raffigurarlo degnamente se non l’artista Lisippo, il creatore dell’Apoxyomenos, scultore dell’Uomo in tutte le sue sfaccettature?!

L’“Eracle a riposo”, più conosciuto come “Eracle Farnese”.

È una scultura ellenistica in marmo alta 3.17 m, realizzata da Glicone di Atene e databile al III sec. d.C., copia di un originale in bronzo creato da Lisippo nel IV a.C., purtroppo andato perduto.

Trovata a Roma nel 1540 nelle Terme di Caracalla entra a far parte della collezione dei principi Farnese e per generazioni viene esposta nella sala d’Ercole a Palazzo Farnese. Nel 1787, grazie all’eredità ottenuta da Carlo di Borbone, figlio di Elisabetta Farnese, l’intera collezione viene trasferita a Napoli e collocata nella reggia di Capodimonte, nel Palazzo del Real Museo e infine nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Nel 2000 l’architetto progettista della stazione Museo della metropolitana di Napoli fa eseguire persino una copia dell’opera da inserire all’ingresso della stazione.

Diamo un’occhiata a questo pensoso e stanco eroe, ormai noto come “Eracle Farnese”.

Eracle è massiccio, le proporzioni delle membra sono alterate nel senso della larghezza al fine di mettere in rilievo la possente muscolatura, accentuando d’altra parte la piccolezza della testa, caratteristica tipica di Lisippo. Entrambi i talloni poggiano a terra ma tutto il peso è scaricato sulla spalla sinistra addossata alla clava, parzialmente coperta dalla leontè, la pelle del leone Nemeo conquistata in una delle Fatiche, entrambi attributi dell’eroe. La roccia su cui poggia la clava reca la firma dell’artista Glicone. Il braccio sinistro crolla abbandonato sulla clava mentre quello destro è piegato all’indietro in posizione di riposo, poggiata sul gluteo la mano che ancora stringe i pomi delle Esperidi. La testa, dalla capigliatura e dalla barba ricche di esagerati boccoli, si abbandona in avanti, l’espressione pensierosa, rughe profonde solcano la fronte, gli occhi sono infossati, lo sguardo rivolto a terra.

La muscolatura sovrumana è quella di un possente eroe vincitore ma sono la tristezza e la stanchezza a prevalere.

Lisippo crea un Eracle stremato, sfiancato, non soddisfatto di sé dopo aver portato a termine l’impresa.

Eppure i simboli delle sue vittore sono lì, primi fra tutti i pomi ancora stretti in mano!

Ma sono quasi nascosti, Eracle quasi si vergogna di averli presi.

L’undicesima impresa è quella che più ha lasciato all’eroe stanchezza fisica e morale, un’intima tristezza lo pervade.

Eracle diventa simile a noi, fragile come l’uomo, i suoi muscoli possenti una maschera blanda che non riesce a nascondere tutte le sue debolezze. Lisippo ha scelto di non rappresentare il pieno vigore e le lotte destinate a concludersi con un successo, ma un momento di pausa e stanchezza.

Lisippo ha scelto di rappresentare la mortalità di un uomo a cui è concesso raggiungere l’immortalità, le paure e fragilità di un uomo nonostante la vittoria.

Nell’Eracle Farnese rivediamo noi stessi.