Il viaggio, lo sguardo intorno al Gran Sasso d’Italia.

Fotografia Vincenzo Battista.

Il resoconto di viaggio, tratto da “The Alpine

Journal” – Londra 1878, la narrazione, l’avventura di Douglas W. Freshfield, testimone di un punto di vista dell’esperienza personale che diventa patrimonio letterario dell’epopea del Gran Sasso d’Italia.

“…Stavamo ora aggirando la parte nord-orientale della piramide del G. Sasso, percorrendo il lungo avvallamento i suoi fianchi settentrionali e che divide dall’ appuntita dorsale del Corno Piccolo. Ma la parete era ancora lontana e per raggiungerla dovemmo arrampicarci per stretti sentieri tra rocce ancora coperte di neve. Mentre salivamo, il grigiore ad est lentamente si schiariva e la foschia si striava di luce giallastra. Finalmente una macchiolina d’oro brillò all’orizzonte. Largo e piatto il grande astro emerse dalle acque, simile ad una lunga e fiammeggiante fascia più che ad una sfera. Dopo un po’ cambiò completamente forma ed apparve come un cerchio completo. I cuculi erano già svegli da un po’, ma ora l’intero coro di uccelli ci dedicava il saluto mattutino. Io avevo pensato alla possibilità che il sole sorgesse dalle isole Dalmate; ma Lissa, l’isola più vicina è a circa 130 miglia e noi non riuscimmo in nessun momento della giornata a distinguerla. Ora eravamo alla stessa quota del pianoro di Ara Pietra. Si tratta di uno sperone dalla superficie pianeggiante; un contrafforte che è il prolungamento del Corno Piccolo. La valle di fronte a noi raggiungeva la massima ampiezza sotto la cresta; seguimmo la sporgenza più alta sotto gli impervi dirupi per sfruttare al massimo le rocce nude. Giunti nella cavità racchiusa dalle due vette e dall’alta cresta semicircolare che le collega dovemmo scegliere il percorso. Si deve tener presente che il G. Sasso è una vetta appuntita il cui fianco occidentale è leggermente più alto. In estate la via più breve per entrambe le vette è senz’altro quella che corre lungo i pendii che conduce al più alto e nascosto bacino, “il Calderone”, sotto la cresta della montagna dove c’è neve tutto l’anno. Ma a maggio banchi irti e gelati, che richiedono la picozza, nascondono tracce del ghiacciaio menzionato…”.