di Vincenzo Battista.

Immaginate un poeta a braccio (chiamato così perché muove il braccio) davanti al lago di Campotosto che recita questi versi: ”Dal suo destriero (cavallo) scese, e come un paladino medioevale si lancio curtense ( appartenente a una corte medioevale) ”. Così ha inizio la strofa di un’ottava, i versi appunto della poesia popolare, sul personaggio “Lu lupe”. La cronaca della sommossa popolare, recitano i versi, divenne subito leggenda. Il paladino “ Lu lupe”, si lancio contro gli uomini del cantiere per l’estrazione della torba, responsabili di avere distrutto i pascoli con i macchinari, le trincee, binari e carrelli. Fu arrestato. La gente iniziò a suonare le campane, partì la rivolta popolare per liberarlo, i contadini presero le forche, e poi squilli di trombe, urla, imprecazioni e botte, per la sua liberazione. Poi fu portato in trionfo per le strade del paese come un eroe contro lo strapotere dell’industria estrattiva. L’Alto Aterno è anche questo, anzi di più. Basta scendere a pochi chilometri più a sud di Campotosto, nella Conca di Montereale, e precisamente nella chiesa di Santa Maria in Pantanis, per conoscere un’altra storia, ma che parte lontano questa, molto lontano, nel tempo. Siamo intorno alla metà del XIII secolo, un pittore ignoto dipinge la “Madonna del Latte” da collocare dietro l’altare della chiesa, un genere di pittura per quei tempi realizzata prima su pergamena e poi incollata questa su una tavola di pino. Fin qui niente di straordinario. Se non fosse che la Madonna è stata dipinta con il seno scoperto che lo porge al Bambino. Da censurare quel gesto, un’eresia quella pittura, sotto pena di scomunica, poiché la Madonna non può essere rappresentata in quel modo. Il pittore ignoto, nel XIII secolo, sarebbe andato dritto davanti a un tribunale ecclesiastico, d’inquisizione, torturato magari con una ruota dentata. Gli avrebbero inflitto pesantissime pene, frustato e portato a morte per aver osato tanto, per aver rappresentato la Vergine Maria come una comune mortale. Non fu così. La storia ci racconta che la “Madonna del Latte” fu talmente accettata dalla comunità di Montereale e dal clero, da diventare uno degli esempi più importanti della pietà popolare, nell’allattamento quindi, simbolo di fertilità, benessere e abbondanza. Forse uno dei pochi esempi nella pittura medioevale in cui la Madonna diventa una persona comune, incontra la donna. Per non parlare dei miracoli, gli eventi prodigiosi delle apparizioni, poi i pellegrinaggi, le offerte degli ex voto nella chiesa di Santa Maria in Pantanis tanto, che nel 1958, la Soprintendenza, decise di restaurare la pittura su tavola. Trovò una fortissima opposizione della comunità locale: non voleva che la “Madonna del Latte” potesse essere portata via. Si scatenò una sollevazione popolare, con picchetti, controlli continui, e persino la gente che dormiva in chiesa per controllare il dipinto. Ci vollero 24 anni per convincere i fedeli a trasferire il quadro finalmente presso l’Istituto Centrale per il Restauro. Oggi, “La Madonna del Latte”, che narra anche una fiaba, si può ammirare presso il museo Munda, all’Aquila, nel nuovo allestimento del borgo Rivera.

Computer grafica di Duilio Chilante

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