Fotografia Vincenzo Battista. Dall’elicottero con il pilota Giorgio Zecca.

Campo Pericoli, Gran Sasso d’Italia e il rifugio “Garibaldi”.

Nell’ inverno 1929 due alpinisti, Mario Cambi e Paolo Emilio Cichetti, rimasero intrappolati nel Rifugio Garibaldi a causa del maltempo e della enorme quantità di neve che cadde in quella stagione. I soccorsi partiti da Pietracamela non riuscirono a raggiungere i due. Solo dopo enormi sforzi, una squadra riuscì ad aprirsi la strada fino al Rifugio, dove trovò il diario degli ultimi giorni di sofferenze. Cichetti, alla fine, aveva tentato di tornare a Pietracamela, riuscendo a giungere a 3 km dal paese prima di morire. Il corpo di Mario Cambi fu trovato solo in aprile. A Cambi è stata intitolata la quarta vetta del Corno Grande nota come Torrione Cambi.

Il diario, alcune annotazioni.

8 febbraio 1929.


Arriviamo al rifugio. Lo troviamo completamente coperto dalla neve. L’interno è un grandissimo disordine. Manca la pala, cosa grave data la stagione. Mancano…. Mancano molte stoviglie. Manca l’ascia per spaccare la legna. Al camino della cucina è stato tolto il cappuccio, ragion per cui si è riempito di neve di ghiaccio e riesce penoso farlo funzionare. Coloro che vengono d’Estate ignorano probabilmente cosa sia l’inverno quassù e solo ammettendo questo sono scusabili del disordine in cui hanno lasciato il rifugio. Ripetiamo come sia specialmente dannoso l’assenza della pala che ci impedisce di poter richiudere la porta, costringendoci a dormire quasi all’aperto.

9 febbraio 1929


Stiamo senza orologio.Partiamo a giorno alto diretti al Corno Piccolo. Giungiamo dopo circa due ore attraverso varie difficoltà per le orribili condizioni della neve valangosa alla sella dei due Corni. Attacchiamo immediatamente la Cresta S. E. (Chiaraviglio-Berttele). Al tramonto giungiamo al cengione sotto la “Mitia”. Siamo costretti a tornare a causa della notte prossima e delle mani gelate. Il freddo è stato di un’intensità straordinaria. L’esser costretti ad andar senga guanti fa gelare immediatamente le mani le cui dita diventano in pochi secondi di un colore giallo. La perdita di un sacco aggrava le nostre condizioni. La via da noi seguita che d’Estate è un’interessante arrampicata, ma senza mai gravi difficoltà è in questa stagione straordinariamente difficile e pericolosissima date le condizioni della neve.Il freddo era tale che le mani si appiccicavano alla roccia e al ferro della piccozza a causa della loro umidità che gelava immediatamente al contatto. Anche la saliva gelava subito al contatto con la roccia.Abbiamo percorso circa la metà della cresta e nella parte più difficile.Se non fosse stato il pensiero che una notte passata all’aperto con questa temperatura sarebbe stata quasi certamente impossibile a superarsi saremmo giunti in vetta. Ritorniamo al rifugio dopo aver recuperato il sacco peril Passo del Cannone e la Conca degli Invalidi. Il percorso viene congiunto di notte. Togliendoci le scarpe troviamo i nostri piedi in una fodera di ghiaccio. E ci accorgiamo di averne ciascuno di noi uno congelato. Li massaggiamo immediatamente con neve e poi con alcool. Si gonfiano prendendo l’aspetto di cotechini e sono perfettamente insensibili.

10 febbraio 1929


Stiamo smaltendo il congelamento. I piedi non accennano di sgonfiare. Anche una mano di Mario è nelle medesime condizioni.

11 febbraio


Idem come il giorno precedente, fuori nevica.

12 febbraio 1929


Ci svegliamo la mattina completamente sepolti. La neve caduta durante la notte ha otturato il pertugio che ci serviva d’ingresso. La mancanza della pala ci mette in serie difficoltà. Siamo costretti a gettare la neve dentro il rifugio per chiudere la porta. Siamo veramente dispiaciuto di questo, ma non possiamo fare altrimenti. Coloro che verranno dopo di noi ci vorranno scusare. Terminate le provviste ci rechiamo o meglio speriamo di raggiungere Pietracamela. I piedi nelle medesime condizioni. Tempo pessimo.