Testo e fotografia di Vincenzo Battista.

Erano entrati nel suo “regno”, di notte, sì, il suo regno, tutta la montagna “fino a che gli occhi possono guardare” avrebbe detto dopo, diventata per uso e consuetudine “sua” secondo una visione antica, una sorta di investitura, di origine feudale nella quale, ad esempio, un principe o un barone ( e quindi “lui”) si prendeva tutto, e poi riconosceva ai suoi sudditi il “pascolatico ed erbatico, legnatico, acquatico o fungatico”: raccogliere legna, prelevare acqua, raccogliere funghi per aiutarli a sopravvivere, i sudditi, e tenerli sul paesaggio montano come forza lavoro.” Lui”.
Ma torniamo a quella notte. Entrano, dunque, si posizionano e lasciano lì un grande monolito di lamiera nera che alle prime luci dell’alba assomigliava sempre di più a quello di Stanley Kubrick, film “2001 Odissea nello spazio”, comparso sulla Luna, ma questa volta invece viene prima osservato, annusato, e strofinato poi dai mastini abruzzesi che si sono acquattati, a semicerchio, apparentemente indifferenti intorno a quella diversità imperscrutabile, per loro. Ma aspettano.
Si aprì, infine, e come da un cubo magico, uscirono fuori i neozelandesi che con “ lui”, “Sterpone”, il “Re leone” delle Malecoste, a gesti, tra slang e dialetto di Camarda ( un dialogo da incorniciare) riuscirono ad accordarsi per il gasolio, la birra, tanta birra, e soprattutto per il lavoro da fare. A metà mattinata la birra scorre come un fiume, e quelle pecore, dalle pedane, tosate e piene di ferite da taglio, vengono quasi gettate sul prato mentre “Sterpone”, ormai rassegnato, cerca di curarle con la calce coprendo le piaghe che sanguinano.
Sbarcati in Inghilterra molto tempo prima, i neozelandesi avevano percorso gran parte dell’Europa fino a spingersi a sud, alla ricerca di mandrie da tosare con quella “macchina delle meraviglie”, magica, costituita da un gruppo elettrogeno, forbici elettriche, ponteggi, ringhiere e pedane per ridurre a qualche giornata, invece di molte settimane, il lavoro di tosatura di centinaia e centinaia di capi di ovini dello stazzo di “Sterpone”, alle pendici di Pizzo Camarda.
Ho appena finito di raccontare a Giorgio Zecca l’incontro con “Sterpone”, avvenuto molti anni prima, quando l’elicottero che pilota trova la posizione nelle correnti, plana, sfruttando la pressione esercitata sulle pale durante la discesa controllata e infine atterriamo dentro il recinto vuoto dello stazzo di “Colle Pantano”, lo stazzo di ”Sterpone” 1200 metri, un fazzoletto, con i mastini impazziti che vorrebbero ingoiarci, in questa contrada montana, di attraversamento, per Pizzo Camarda.
Le pecore di Angelo Spagnoli, detto “Sterpone”, “fino a che gli occhi possono guardare”, classe 1930, nato il 24 dicembre a Camarda, “quando è nato il Bambino” ci tiene a sottolineare, sono al pascolo sulla montagna di San Franco.
“Ho fatto tanti mestieri – ci dice subito – ma ci siamo sempre ripiegati alle tradizioni di una volta e quella mattina presto – ha inizio il suo racconto – sono andato alle vaccine, sopra i Piani di Camarda, località “Precoglio”(Procoio). Ho visto due teli, una specie di tenda e una persona che girava intorno. Quando sono sceso, a mezza montagna, lungo la strada brecciata che costeggia Pizzo Camarda, verso le dodici e mezza, diverse macchine salivano: ma questi dove vanno? – ho detto- dove vanno sopra la montagna? Che “iete fecenno”? La sera, poi, verso le 17.30, sono risalito con le pecore, al pascolo, e ho rincontrato la stessa macchina della mattina che scendeva e, dietro, le altre. Erano stati tutto il giorno in montagna. Si sono fermati e hanno detto: “Che bel posto, qui sopra, è meraviglioso”. Gli ho risposto che è un bel posto ma se ci vai con la bufera, l’inverno, a riprendere le bestie, non è un bel posto. La macchina è passata, ha proseguito, e poi sono arrivate le altre. Un uomo della seconda macchina mi ha chiesto se conoscevo il Papa. Ho risposto che lo vedevo in televisione. Ha continuato: “Passa un po’ qui dietro”, ha aperto lo sportello e il Papa stava seduto, “stea ringhicchiatu”, vestito di bianco; si è messo a sorridere, aveva una faccia rossa. Lui ha parlato per un po’, ma io non lo capivo, ci sento pure poco. Era anziano, colorito, rosso, stava bene, era contento. Mi ha detto se avevo sempre fatto questo mestiere con le pecore. Gli ho toccato la mano. Ma guarda che onore a venire qua il Papa. E’ rimasto in macchina. Mi ha dato un borsellino con lo stemma del Vaticano con dentro una corona. Adesso che scendete sotto, ho l’abitazione vicina allo stazzo, se vi fermate vi offro la ricotta fresca, ho detto. Le macchine però hanno proseguito”.
Quando andiamo via, l’elicottero inizia a volteggiare, a spirale, ci alziamo, prendiamo quota, fino sopra il pinnacolo di Pizzo Camarda, a quel terrazzamento sui due versanti, quella balconata, il Piano di Camarda, dove per molte ore nella tenda ha sostato Giovanni Paolo II. Il luogo, un eden con laghetti, prati, cavalli al pascolo. Un ambiente raffinato, esclusivo per gli escursionisti che lì cercano la qualità, i grandi scenari paesaggistici diversificati, e la cultura di contrasto dei due versanti: verde smeraldo, corsi d’acqua, lussureggiante, opulento, a nord, nella Val Chiarino e sullo sfondo il lago di Campotosto; brullo, sterile, pietre, sudore e fatica negli accampamenti pastorali nella valle del “Vasto”, a sud.
“Chi vuole davvero ritrovare se stesso deve imparare a gustare la natura, il cui incanto si sposa con l’intima affinità col silenzio della contemplazione.” ha scritto Giovanni Paolo II, nel libro “Pensieri sparsi”, un’antologia di quasi cinquecento pensieri tratti dai suoi discorsi, dai suoi scritti, e pensiamo anche dalle sue visite silenziose tra le vette di questo paesaggio del Gran Sasso, dalle affinità elettive.

Le fotografie. I tosatori neozelandesi nello stazzo di “Sterpone”, il rosario ricevuto dal Papa, aerea lo stazzo di Stazzo di “Sterpone”, il cippo ricorda l’incontro con il Papa, Angelo Spagnoli con i nipoti.

16427685_151803965324834_4582830379174451524_n[1]

16473722_151804065324824_8424524731560917504_n[1]

16427660_151804201991477_903124206390389590_n[1]

16603045_151804351991462_6912057935619808952_n[1]

16508912_151804481991449_3154915226134546567_n[1]