I fori, il sangue, lo strazio del viso.

Testo e fotografia di Vincenzo Battista.

A confronto, i due San Sebastiano nelle sale del museo Munda dell’Aquila. Il primo, la sua datazione intorno al 1478 di Silvestro dell’Aquila, legno scolpito e laccato, policromo (il contratto dell’opera depositato presso la Biblioteca provinciale dell’Aquila). Emerge la cultura rinascimentale toscana nell’opera, basti vedere il David di Verrocchio (Bargello, Firenze) soprattutto nella capigliatura e nelle membra, evidente influenza del soggiorno di Silvestro e la sua formazione a Firenze. Il secondo San Sebastiano, anno 1517, di Saturnino Gatti, anch’egli protagonista della scultura del secondo Rinascimento, è plasticamente rappresentato mentre si flette sul fianco sfinito dal dolore e dallo strazio. Il sangue, i fori delle frecce, le membra che si tendono nelle due sculture depongono a favore di una dimensione materica, un materialismo religioso ammonimento per i cristiani della religione cattolica.