I gamberi del fiume Aterno dentro la meridiana che misura il tempio e lo spazio agricolo nella periferia dell’Aquila.

Testo e fotografia Vincenzo Battista.

Casale Nardis, inizi Ottocento la sua edificazione, periferia dell’Aquila, Gignano. La masseria. Schiacciata a pianta quadrangolare, bassa ma equilibrata, la sua elegante edificazione nel paesaggio agrario prima che venisse soffocata dall’urbanizzazione della seconda metà del ‘900, sulla quota più alta di Gignano, un’altura, allora dominante: da lì si vedevano le mura dell’Aquila e il paesaggio aquilano fino a San Demetrio né Vestini e oltre, mentre tutt’intorno le terre del podere, della stessa proprietà del casale:  immensi solchi agricoli che scivolavano a valle, depressioni e valli coltivate, sinuose incisioni carsiche dalle opulente risorse della terra, tutte  scendono a valle ondulate, parallele prima, ma che sembrano riunirsi infine, quando si fermano a ridosso del fiume Aterno e la sua pianura. Così il paesaggio da sempre, così la sua conformazione, così l’edificio colonico (all’ interno le volte a botte e a crociera in mattoni), stanze e ambienti conservati per le rimesse agricole, fondaci e nicchie scavati nell’arenaria e una sorgente sotto l’edificio: attraverso un pozzo infisso su un muro, si prelevava l’acqua per gli usi della masseria e il casale: una rarità, la prima “acqua domestica”, ancora oggi. Sulla facciata il quadrante solare, la meridiana in rilievo in una cornice pittorica, con le volute, festoni, medaglioni e conchiglie tardo barocche dipinte con le varie tonalità di terra ocra e rossa incise sull’intonaco con una sgorbia, poi il fondo azzurro incorniciato dove forse lì andava il nome del proprietario del fondo agricolo. La meridiana con le ore. Dipinta a guazzo di tempera su un intonaco in rilievo, la pittura è posizionata a sud- ovest: il sole le girava intorno e illuminava l’asse di ferro (gnomone) che, con la propria ombra, si proiettava sui numeri, le ore sezionate da interpretare ma graficamente scandite, l’orologio solare in definitiva, visivamente il segnale per i coloni dell’azienda agricola per farli stare sui campi, non più richiamarli i contadini, farli lavorare, ma dalla “facciata” del palazzo Nardis. Alla base della meridiana l’allegoria del leone con la coda che si alza in un bizzarro movimento, il leone, blasone, quasi a voler controllare il tempo e tenerlo sotto sorveglianza che poi osserva quella lunga freccia che segna il numero 16. Ma è il gambero di fiume, dipinto, l’aspetto desueto ed enigmatico della meridiana. Simbolo della costellazione e della Passione di Gesù, e leggenda di quelle acque del fiume Aterno. Le colline argillose, infine, da dove siamo partiti, declinano con le sue acque sorgive e scomparse di Gignano, scendono frontali sul fiume Aterno dalla fauna ittica e soprattutto gamberi un tempo abbondanti: patrimonio di un paesaggio fluviale extra moenia della città irrimediabilmente compromesso, ma ne resta un “reperto”, semplice, apparentemente insignificante, dentro la meridiana di palazzo Nardis: i gamberi, molto più di semplici indicatori temporali… dipinti…