I luoghi della memoria e della pittura spinti sul promontorio del mare. Punta d’Erce.

Testo e fotografia Vincenzo Battista.

E’ questo l’ultimo tratto di costa che termina su un promontorio: sembra spinto e poi lanciato sul mare Adriatico, l’ultimo lembo di terra conosciuto del paesaggio agricolo, un cuneo che si incassa a est e penetra nel mare. Punta d’Erce, la più estrema del litorale abruzzese a nord di Vasto, Abruzzo. Ma prima, il grande pianoro coltivo arso dal sole che precipita infine su scogliere e falesie (sabbia e sassi) a strapiombo sulla spiaggia. Un paesaggio pianeggiante chiuso a oriente, che attraversiamo. Non lascia presagire gli alti dirupi battuti dal vento e dalle correnti e in continua erosione più avanti a noi, ma ci ricorda la pittura dei fratelli Palizzi e Francesco Paolo Michetti e quella scuola di pensiero napoletana dell’Ottocento d’ispirazione paesaggistica, “pittura dal vero”. Tra le cavità della barriera che si erge e fronteggia il mare, una serie di reperti rinvenuti e risalenti all’età del bronzo finale, 1000 a.C.