Fotografia Vincenzo Battista.

«Il Guercino è un pittore intimamente probo, virilmente sano,
senza rozzezze; le sue opere si distinguono anzi per gentile grazia
morale, per tranquilla e libera grandiosità, e per un che di particolare
che consente, all’occhio appena esercitato, di riconoscerle al primo
sguardo. La levità, la purezza e la perfezione del suo pennello sono
stupefacenti. Per i panneggi usa colori particolarmente belli, con mezze tinte bruno-rossicce, assai ben armonizzanti con l’azzurro che pure predilige.»
( Joham Wolfgang von Goethe, Viaggio in Italia).



“Qua vi è un giovane di patria di Cento, che dipinge con somma felicità di
invenzione. È gran disegnatore e felicissimo coloritore: è mostro di natura e miracolo da far stupire chi vede le sue opere. Non dico nulla: ei fa rimanere stupidi li primi pittori”..

Con queste parole il caposcuola della pittura bolognese Ludovico Carracci descrive all’amico Ferrante Carli il talento del giovane Giovanni
Francesco Barbieri, passato alla storia con lo pseudonimo di Guercino per via dello strabismo comparso sul suo volto quando era ancora in fasce.

Il soprannome di Guercino dovette essergli aggiunto molto presto,
se è vero quel che narra lo stesso biografo, raccogliendo la tradizione,
che «essendo ancora in fasce, occorse che un giorno, mentre egli
dormiva [ … ] ci fu chi vicino a lui proruppe d’improvviso in grido così
smoderato e strano che il fanciullo, svegliatosi pieno di spavento, diedesi a stralunar gli occhi [ … ] per siffatta guisa, che la pupilla dell’occhio
destro gli rimase travolta e ferma per sempre nella parte angolare».
Naturalmente, il suo strabismo non fu certamente provocato da questo
presunto episodio: piuttosto, il suo difetto può avere influenzato la sua
resa pittorica delle forme nello spazio.


ll soggiorno bolognese fu tanto più proficuo in quanto permise al giovane apprendista di studiare le opere di valore lì conservate e, fra le moderne, quelle dei Carracci. Egli stesso dirà anni dopo di aver tratto profitto dallo studio della Conversione di San Paolo di Ludovico Carracci, allora nella
chiesa di San Francesco, e d’un’altra sua tela, una Madonna con Bambino e santi, allora conservata nella chiesa dei Cappuccini a Cento, che
l’adolescente Guercino chiamava «la sua Carraccina», ossia «la sua cara zinna», dalla quale avrebbe tratto il latte dell’arte, e non si stancava di
osservare, arrampicandosi su una scala per studiarla da vicino…