Il trabocco che segno i destini.

Testo e fotografia Vincenzo Battista.

Anno 1899. Bella, nobile, ricca in quella visione Liberty nelle sue pose del Modernismo imperante, Barbara Leoni fugge dai salotti romani, dai pettegoli, dai palazzi opulenti e sontuosi. Fugge “nell’eremo”, così chiamato da d’Annunzio, (ma sappiamo come è lui, aulico)forse un’alcova per amanti, forse un nascondimento per segregarla con la vigilanza di un fattore, forse una stamberga per lei nobile patrizia acquisita ( possiamo solo immaginare quando la vide), sicuramente un “approdo” libertino sul promontorio del mare di San Vito Chietino per il “navigante…” d’Annunzio, da lui descritto alle pendici “dell’eremo”. Al “Trabocco Turchino”, la macchina ibrida da pesca , come un’anima risuscitata dalle profondità dell’ incoscienza collettiva, gli tributa un pensiero, uno spirito occulto, diviene, la macchina da pesca costiera, una sorta di sacerdote officiante dalle taumaturgiche e apotropaiche visioni sulle mareggiate impetuose( ma secondo noi). Il trabocco scultura del mare, archetipo e fossile in alcune pagine della tragedia “Il trionfo della morte”, il tonfo dell’umanità, i conflitti tra l’uomo e la donna, il bene e il male un tempo, ieri, adesso…