Testo e fotografia Vincenzo Battista.

La vita sociale come noi non potremmo immaginare fino ad ora, uno squarcio temporale senza precedenti, straordinario ed unico sito di paleontologia (la scienza che studia la cultura delle civiltà umane preistoriche e protostoriche attraverso l’analisi di reperti materiali), un evento in un rinvenimento epocale. Scoperto, restituisce la vita degli antenati preistorici sulla costa chiamata oggi dei “Trabocchi”. Vero o verosimile si rincorrono dentro le radici di migliaia di anni fa. “Orme preistoriche”, quindi, tornano alla luce nelle rotte migratorie e, nel loro “fine corsa” sono qui, stanziali infine. Le impronte sulla sabbia non cancellate chissà per quale sortilegio costituiscono il “passaggio” migratorio in definitiva. Le conchiglie invece, utilizzate come raschiatoi per il pellame, come le pietre scheggiate e rese acuminate per la caccia sulle punte di lancia, oppure semplici aste all’estremità acuminate per la pesca. Ma prima di scendere dalla falesia e trovarsi di fronte il mare, sono stati cacciati i grandi mammiferi. Poi ci sarà la pesca nei due modelli di approvvigionamento alimentare del paleolitico. Una rete familiare semi - nomade, adulti e bambini, le capanne in legno lungo la battigia. In circa 100 metri quadrati di spazio le impronte lasciate sulla spiaggia, la maggior parte si concentra intorno alla capanna, evidenti le loro dimensioni, si stima che siano di bambini, adolescenti, uomini e donne. Così ci dicono le impronte dell’altezza, stimano gli individui intorno ai 160 cm., la media del gruppo di uomini. 30 mila anni fa, il tempo immutato… E ancora gli utensili impiegati per le punte delle lance, le stesse pietre per la macellazione degli animali. I cacciatori superavano la falesia, si muovevano nell'entroterra della costa per procurarsi il cibo unito a quello della pesca come detto. Nella pianura osservavano le impronte, inseguivano le prede, le braccavano ma alle ultime luci della sera tornavano nell’accampamento nelle abitazioni provvisorie. E intorno alle capanne il fuoco, che non si spegneva mai per proteggersi, restava acceso tutta la notte: un deterrente contro i carnivori che si avvicinavano, orsi e lupi in particolare. Gli uomini e le donne giovani cacciavano, mentre i bambini, anziani, donne incinte avevano un perimetro ben definito intorno alle capanne erette sulla spiaggia. Questi raccoglievano bacche, vegetali spontanei, insetti, radici e tuberi, tronchi spiaggiati, tagliavano le canne, scuoiavano il pellame degli animali catturati. È, questa, la duna costiera, al riparo da una rupe che avvolge ad anfiteatro la costa. La falesia sbarra la spiaggia e lì vicino una sorgente d’acqua. Le capanne sono sostenute da pali, ricoperte da foglie e zolle di terra, frasche intrecciate. La scoperta è sensazionale. Da non crederci. Vero o verosimile. I legni raccolti dai nomadi cacciatori- raccoglitori, i legni sbattuti dalle mareggiate, un lascito dl ciclo della natura, davanti ai loro occhi. Loro, gli uomini, prima molto tempo prima, si sono spostati dall’entroterra, hanno viaggiato leggeri. Si sono avvicinati, attenti e guardinghi ad ogni fruscio, ad ogni rumore, armati di lunghi pali, provengono dalla savana dall’alta vegetazione, insidiosa, si sono aperti un varco. Finalmente vedono la spiaggia, dalla rupe, hanno cacciato in gruppo un mammut, prima inseguito, ferito e infine finito, nello scontro, che sembra impari, si prolungherà, la bestia cade infine a terra esangue, dopo un giorno di combattimento e di sfinimento. In fretta deve essere deprezzata, per non attirare gli animali attirati dall’odore del sangue che comunque arriveranno, trasportata infine la carne, il bottino, da tutto il gruppo. Un uomo è stato ferito, trasportato a spalla giace sulla spiaggia, per lui è finita. L’infezione lo porterà alla morte e infine la tumulazione con il corpo ripiegato su se stesso. La sopravvivenza, la comunità, riusciamo forse a ricostruire i segni lasciati al suolo e la vita del paleolitico come un viaggio nel tempo davanti alla spiaggia dell’Adriatico. Il sito nascosto, ma che non è alienato, le capanne sulla spiaggia ne sono testimonianza nel corso dei millenni trascorsi. Mare e terra le direzioni, i vettori della sopravvivenza. Vero o verosimile, e perciò potrebbe essere vero, o ritenuto tale. E sulla notte che incombe sale la tensione, le difese del gruppo coeso si allentano, sono affidate agli alti fuochi che cingono l’accampamento sulla linea costiera e illumina in controluce i feticci, oggetti inanimati, totem magico e spirituali che siano, associati al culto degli antenati, al buon auspicio, al mare entità da sorvegliare e invocare, alle funzioni curative, divinatorie, stele in legno propiziano, associano poteri ritenuti protettivi verso il gruppo in “ascolto”. Hanno un ruolo senza confini, sculture erette, mitologiche evocative che conducono l’uomo, non sapremo mai, per certo, dove ma possiamo immaginarlo, poiché il loro corpo, il corpo degli antenati primitivi, contiene lo spirito vitale e sacrale della sopravvivenza, e non e poco, ed è lì che bisogna cercare…