L’Aquila, il Venerdì Santo e la “Conquista dello spazio…”. I ragazzi del liceo “Cotugno” – L’Aquila. La lezione di Storia dell’arte in DAD. L’opera d’arte che si poggia sulle impronte della luna…

Testo e fotografia Vincenzo Battista.

Da Simone Martini al Beato Angelico, da Raffaello a Leonardo da Vinci : “l’Annunciazione”, il breve dialogo tra l’Angelo – che le comunica che avrà un figlio – e Maria, ha sempre visto quest’ultima perplessa nell’iconografia, incerta nella rappresentazione, dubbiosa nella pittura e soprattutto sorpresa nella mimica facciale sotto i pennelli dei Grandi, ma anche nel corpo che si ritrae, si contrae, apre le mani quasi a fermare quelle parole tanto importanti e tanto inquietanti (dovrebbe gioire), forse sì,  ma lei preconizza, profetizza, in quell’atteggiamento quasi contrariato, lo scenario postumo, a cui il figlio andrà incontro: il destino molti anni dopo, la crocifissione di Gesù.

Ed è sempre lei, Maria, nella tortura che subisce Cristo, sotto i colpi del flagum per il flagello punizione corporale all’interno del sistema giudiziario dell’ Antica Roma), corde e cuoio con all’estremità pezzi di osso o metallo che staccano la pelle, con un telo di lino, Maria, asciuga e raccoglie il sangue di Gesù sul basolato per farlo proprio, trattenerlo… quasi incredula in quello che assiste: tutto torna così nell’ ”Annunciazione”, e al suo prologo il Venerdì Santo, ma ci spostiamo con i ragazzi del liceo “ Cotugno”, poi non di tanto, intorno alla scultura di Pompeo Cesura ( L’Aquila, 1510 circa – Roma, 1751, pittote, incisore e scultore italiano), “ Cristo alla Colonna” legno intagliato, anno 1566. Museo Munda – L’Aquila. Pompeo Cesura, legatissimo alla città dell’Aquila, tanto da cambiare il nome in Pompeo aquilano, frequentatore di Raffaello, è dentro la corrente del manierismo del secolo XVI, cioè nuove tendenze e un marcato positivismo, mai banalizzante nelle opere d’arte: avevano un valore narrativo, addirittura si proponevano di superare l’arte classica greca – romana. Vasari (le vite degli artisti), del manierismo, ne è un estimatore se non un promotore, ed oggi sarebbe un eccellente speaker mediatico sul web. “Cristo alla Colonna”, scultura veneratissima dalla comunità aquilana.

E’ quell’uomo nella scultura a tutto tondo , appena frustato, che muove i primi passi verso la crocifissione per essere giustiziato, solo e desolato, distante da tutto quello che lo circonda, i lineamenti avvolti da una inenarrabile tristezza, dai caratteri semitici di sua madre, la testa leggermente inclinata con i lunghi capelli e la barba della legge ebraica, gli occhi grandi punto di forza del suo dramma, le spalle che si ripiegano e convergono angolari, si raccolgono con le braccia, i polsi e mani, quasi ad offrirli nella legatura, senza opporsi. Il ventre si comprime, tutta la scultura si muove, si anima, in diversi vettori di spinta o modelli plastici del corpo, pertanto appare fortemente dinamica anche nel suo supplizio. Quell’incedere elegante, teatrale, plastico-celebrativo, quei passi felpati, il tutto tondo della scultura nella sua dinamica, sfilava nella processione del Venerdì Santo nella città dell’Aquila, detto dei “Misteri” (editto del 10 aprile 1754, curia aquilana) con altri gruppi e singole statue. La scultura, in ogni suo centimetro, è stata messa” sotto tiro” da Cesura, nel mirino, la stessa scultura che non può sbagliare nei colpi del mazzuolo sulla sgorbia, che elimina sì il legno inutile e ricerca, indaga, la forma subliminale, perfetta; viceversa nella pittura puoi tornare indietro, lo sappiamo, reimpostare, nella scultura no! Continuiamo. Il punto di appoggio della gamba sinistra del “Cristo alla Colonna” è teso, asse baricentrico, e l’altra gamba è liberata, delicata, si appoggia a terra con le punte delle dita eleganti, molto eleganti se quello può essere un dettaglio: è un Cristo minuto che dimostra tutta la sua fragilità se non nelle braccia.

La braccia robuste e materiche tradiscono l’intero corpo, che comunque non è sottratto allo scempio, il punto di caduta della sua fisicità ostentata, si avvia, come lo vediamo, verso la Crocifissione, è “tollerato” così come appare, lo stesso corpo, dal “popolo minore” per una condivisa comunicazione. Cesura non strazia le carni, certamente indizia il corpo, lo porge con le ferite provocate dalla fustigazione, ma lo consegna infine ad una dimensione di pietas, condivisibile da tutti, soprattutto nel volto. E poi, con i ragazzi del liceo si sperimenta durante la lezione di Storia dell’arte, si aprono nuovi varchi, si cercano nuovi accesi, nuovi protocolli, verso la comprensione dell’opera d’arte, sì la DAD, va bene anche così.” La conquista dello spazio…”  Lisippo – operò dal 372 a.C. al 368 a.C.   / 1969 d.C. Si cammina sulla luna… Neil Armstrong, parcheggiamo questo file, lo riprenderemo. Ancora nel “Cristo alla Colonna”, Pompeo Cesura, scolpisce le braccia in avanti, lontane dal corpo è una “conquista dello spazio”, che ha avuto un suo primo, indiscusso, straordinario grande interprete in Lisippo, che mitiga le leggi della gravità sulla scultura, le affina, controlla la forma da ogni possibile angolazione, completa la conquista dello spazio figurativo di una statua a tutto tondo,  poiché, attenzione, gli arti si allungano, lontani dal corpo , e sono soggetti a spezzarsi e compromettere la stessa scultura: la conquista dello spazio, la gravità del marmo è tutto…

Dunque, è questo Ellenismo, a cui tutti gli scultori delle epoche successive, compreso Pompeo Cesura, fino al Neoclassicismo, hanno fatto riferimento, hanno acquisito quei principi plastici della gravità dei corpi. «That’s one small step for (a) man, one giant leap for mankind» (trad. «Questo è un piccolo passo per (un) uomo, un gigantesco balzo per l’umanità»). Lo sbarco sulla luna. Neil Armstrong posò il piede sinistro sull’ultimo scalino alle 2:56 UTC del 21 luglio 1969, pronunciando questa storica frase, scende e risale i gradini, poiché, da Cape Canaveral gli avevano detto che sì conoscevano il suolo lunare dalle simulazioni, ma l’uomo è un’altra cosa, pertanto scende e risale, più volte, dal gradino ultimo della navicella sul manto lunare: la conquista dello spazio, la gravità vinta, la sfida alle leggi è solo questione di tempo… E così, infine, con i ragazzi del liceo, ci siamo detti, e ci piace pensare, che da qualche parte lì, perché no, su quelle impronte della luna si siano anche posate, oltre le forme della comunicazione dell’umanità, anche le forme dell’arte visiva, senza tempo apparente…