I totem di fuoco nella notte di Scanno.
Testo e fotografia di Vincenzo Battista.
Le immagini si riferiscono al territorio di Scanno, la sua frazione ( Frattura) e il lago.
” Lunga trentasette palmi, nella quale convergono in processione, l’11 novembre, torme di ragazzi che, fra eccessi di fanatismo e giubilo la percorrono in tutti i lati, rotolandosi divotamente per terra a fine di premunirsi dai dolori colici…”: la grotta di San Martino, “ad ovest di Scanno”. Così scriveva Giovanni Pansa ( 1865 – 1929), lo storico sulmonese, della cavità, una delle tante nel territorio abruzzese del santo vescovo di Tours, San Martino, e del suo potere miracoloso, taumaturgico, a cui bisognava sottoporsi, attraverso il rito dell’incubazione: ” dormire in un tempio per avere il responso di Dio…”. Un rito antichissimo, attestato soprattutto nell’antica Grecia, entrato nella storia delle religioni. Dormire nel luogo sacro allo scopo di acquisire, ricevere, rivelazioni divinatrici nel sogno, ed entrare in un contatto privilegiato con “l’autorità” religiosa che può attestare il bene e il male, curare le malattie, correggere le sofferenze, secondo la tradizione popolare. La grotta, la pietra e la memoria del santo pellegrino si fondono nella cavità di Scanno; un’unica energia rappresenta l’esaltazione della natura, il luogo di “purezza e cristallinità”, il luogo – sito appunto dell’incubazione “… delle pietrificazioni operate dal santo” – continua Giovanni Pansa – “… I divoti vedono dappertutto, nelle forme bizzarre delle numerose stalattiti e nelle incrostazioni calcaree che adornano le pareti della grotta, tante personificazioni di San Martino e tanti atteggiamenti della sua figura, il suo letto, la sua sedia, l’inginocchiatoio ed altre particolarità curiose…” che, spostandosi di pochi chilometri, giù, nella Valle del Sagittario, si rinvengono in un’altra grotta, di un altro grande taumaturgo: San Domenico. Un territorio quindi di miti leggendari residuali, simboli arcaici, luoghi che hanno attraversato il tempo con i loro riti, sopravvissuti, giunti fino a noi, forti di un lascito: oggi devono essere costantemente monitorati, ciclicamente riproposti come la notte dei fuochi, il 10 novembre, vigilia di San Martino, la notte dei totem celebrativi delle “Glorie del Cavaliere…”, a Scanno. Già da molti giorni i giovani del paese hanno lavorato per alzare i quattro “palanconi” che costituiscono il telaio delle “glorie”, i tre totem; quintali di legna, raccolta e trasportata dalla montagna, stata poi issata sulle torri, alte oltre dieci metri, ubicate in punti strategici – visivi dell’immediate aree periferiche di Scanno che si chiamano Plaja, Cardella e infine Decontra, quella di San Martino, nei pressi della grotta divinatoria. Arderanno le “Glorie”, illumineranno il paesaggio, il borgo di Scanno, “laveranno” con i riverberi del fuoco le insidie e i malefici propri di una leggendaria tradizione popolare, restituendo alla comunità locale con l’evento di purificazione nient’altro che l’appartenenza ad una società locale antichissima che per secoli ha “dialogato” con una natura aspra e spesso inaccessibile, se non per volontà del luogo sacro, arcano e impenetrabile, ma che sembra rivivere, per poco, sui volti dei giovani tinti dal nero del carbone dei “palanconi” delle torri apotropaiche: mistero ma anche certezza di una cultura locale che ha saputo sfidare il tempo e “segnare” in un territorio cultuale, la propria appartenenza.