La mole di pietra che ha resistito ai terremoti.

Fotografia Vincenzo Battista.

“…Il castello si trova appena fuori di una delle porte, un po’ al di sopra del livello della città, ma al di sotto delle montagne che sono da ogni parte. Il suo aspetto estero è più imponente che pittoresco, perché ha la forma di un quadrato regolare, circondato da una fossa profonda fiancheggiato all’intorno con torri assai tozze iproporzione alla loro altezza.Questa enorme mole di pietra ha resistito alle distruzioni o, piuttosto, all’abbandono dei secoli e alle scosse di terremoto e si mostra esattamente nella stessa forma che presentava sotto il viceré Pietro di Toledo nella solidità dei materiali, la cura dispiegata nel connetterli, gli immensi passaggi sotterranei che contiene e le numerose feritoie, ora scarsamente provvedute con artiglieria, stanno a significare quali sforzi furono compiuti per assicurare ad essa i mezzi per un’idonea e lunga resistenza. Molte condutture d’acqua, rifornite dallo stesso acquedotto che serve la città, provvedono al castello quella per le più impellenti necessità; se queste fossero interrotte, quattro profondi pozzi, uno ad ogni angolo, sotto una volta circolare sotterranea, aggiunta parecchie cisterne d’acqua piovana, potrebbero supplire a ogni necessita. Vi ha sede un piccolo contingente militare e in una parte c’è anche la prigione. L’entrata è sormontata da un ricco scudo araldico con una voluta intagliata, che porta gli inquartamenti dell’arma imperiale, in marmo, con una minuziosità e una rifinitura che ben potrebbero ornare lavori più delicati; in oltre il noto emblema delle colonne d’Ercole e l’intraprendente motto Plus ultra, adottati da Carlo V, sono in per fetta armonia con lo stile e il carattere di tutto l’edificio”.

Nel 1838 il viaggiatore inglese Richard Keppel Craven (Inghilterra, 01/06/1779 – Napoli, 20/06/1851) nel suo libro “Viaggio in Abruzzo“.