Testo e fotografia Vincenzo Battista.

Gli dei falsi e bugiardi del mondo romano sì, il paganesimo al tempo della cittadina di Amiterno sì (fondata dai Sabini. Le rovine sorgono nei pressi di San Vittorino e Preturo, a circa 11 km a nord dell’Aquila); ingraziarsi gli dei e conoscere le loro volontà attraverso i sacrifici e l’arte divinatoria sì, ma, tutto questo, e molto altro, il Cristianesimo, lo sappiamo, aliena, avversa, senza compromessi spazza via. Sappiamo anche che mai il Cristianesimo, nelle sue forme comunicative religiose , avrà quei rituali intimi, privati, preghiere e divinazioni, invocazioni alla luce del giorno che squarcia la notte, e poi anche pubblici, riunioni collettive invocanti le divinità degli uomini e delle donne sabine, romane, un mondo di cui noi non portiamo più nulla, ma ci appartiene: un esempio, il letto con il suo significato di simbolismo occulto, un semplice letto, ma non lo è poiché, intorno, vivono gli spettri della notte… e dell’aldilà. Il letto è funerario ( I sec. a. C. – I sec. d. C.), scavato ad Amiterno nel 1905, sepoltura maschile in una camera ipogea. Oggi è conservato nei musei Capitolini della  Centrale Montemartini, Roma. Il letto ricco e lussuoso, di un ceto sociale privilegiato. Prima il riposo, il sonno, l’orrore per l’oscurità nella sua metamorfosi e il risveglio, la vita che si conduce. Poi l’aldilà e il perimetro che lo stesso letto designa, invalicabile e inespugnabile così si vuole, il limite per tutelarsi, poiché a guardia, torniamo come detto sull’arte divinatoria sabina, è la protezione, lo sbarramento simbolico con una serie di forme allegoriche, recitanti di un altissimo artigianato artistico, che dallo stesso letto sporgono e non a caso. Un nume tutelare della persona in senso figurato che la protegga. Questo spirito che protegge, quindi, prende forma con le teste di mulo a tutto tondo, plastiche, che persino si girano nell’iconografia dionisiaca (Dioniso sembra cavalcarli), poi teste di cigno, i medaglioni con divinità sontuose e robuste forse, sotto le spalliere, che non sembrano affatto tranquilizzare chi le osserva ( hanno colto nel segno per creare una barriera!), come il poggiapiedi che ha due sculture, probabile in ipotesi una sorta di manticore, creature mitiche, una chimera con la testa umana, il corpo da leone e le ali. La tecnica dell’agemina nelle volute della spalliera è l’esempio più rilevante: l’intarsio dei metalli preziosi, fili d’argento e rame, spesso veniva utilizzato anche l’oro, battuti a freddo questi elementi, incastrati in solchi e incavi realizzati a mano. Decorazione policroma dei metalli di diversi colori, altissimo artigianato artistico come detto e qui, il mondo paradisiaco dei Sabini, l’allusione, cui protendono, in un mondo ideale, sofista. La rappresentazione della raccolta dell’uva, la donna elegante e di censo in abiti da lavoro. Intorno a lei salgono su un albero dai frutti alquanto metafisici i lavoranti che sembrano satiri, e si inerpicano per la raccolta dei frutti anch’essi metafisici mentre, alle spalle della stessa donna due serpenti si alzano dal suolo con le fauci aperte, si protendono verso la donna quasi a cercarla, enigma dalle molte interpretazioni, tra cornucopie, tralci di vegetazione e festoni. Infine, questo mondo di Amiterno che vive il suo tempo e prepara l’aldilà con lo stesso letto, a noi piace pensare, poiché sulla cornice decorativa delle stesse figurazioni, insista, ripetuta, seriale la rosetta, sì forse la rosa selvatica di buon auspicio delle campagne di Amiterno e L’Aquila, che possiamo ancora laconicamente osservare.