Testo e fotografia Vincenzo Battista.

Equinozio di primavera a L’Aquila. Qualcosa deve essere andato storto se la brina ha coperto forme urbane e natura, poi la bruma nelle valli, temperature basse. Ma non è stata una notte uguale ( giorno e notte si equivalgono), poiché la “Primavera” del 21 marzo è in affaticamento. C’è una lotta tra il buio e la luce dai contorni anche subliminali, una contesa dagli esiti imprevedibili dal punto di vista climatico, almeno da queste parti, non certo la “Primavera” del neoplatonismo di Botticelli che si lega anche a queste terre interne nel personaggio di Ovidio – poema i Fasti, per tema il calendario romano – da cui lo stesso Botticelli prende le passioni e la forza espressiva della narrazione pittorica per visualizzare poi la sua opera d’arte, oggi agli Uffizi di Firenze. Equinozio di primavera. La dualità. Si entra nel grembo della terra, si raccolgono le erbe medicinali per le pozioni solo in questo giorno, soglia della fertilità e del risveglio, lo sapevano bene i guaritori contadini nei loro riti segreti ereditati da generazioni, che le mettevano insieme a mazzetti raccolti ed esposti al primo raggio di sole. Asparagi selvatici, tarassaco, rucola, barba di frate per depurare l’organismo, oppure le piante officinali come il sambuco, l’asperula, l’erba alliaria, il finocchio selvatico per le proprietà benefiche sul corpo umano, mentre del pane rituale, preparato nei forni all’alba, abbiamo perso le tracce: sappiamo che prima di mangiarlo il primo pezzo andava donato alla terra, alla natura…