Ascoltando la notte, dentro la fiaba: San Demetrio né Vestini le Ville, San Benedetto in Perillis le cavità, Santo Stefano di Sessanio le vie. Il viaggio…

Testo e fotografia di Vincenzo Battista.

 “Il viaggiare” con la sua ostensione, onirica, dentro il desiderio di far apparire i luoghi, i borghi e tutto quello che all’interno vive in una sorta di racconto fantastico, allegorico, forse per richiamare il senso di appartenenza delle genti, stringerle nelle fiabe e lì farle vivere in una dimensione metafisica che disorienta. Ma i borghi sono anche questi, luoghi dei segni e delle passioni, metafora universale poiché non geografici nei racconti subliminali, di gente diversa e spazi arcani; di sensazioni e contaminazioni, tanto apparentemente vicini scompaiono all’orizzonte crepuscolare, fino a materializzarsi e poi ritornare per un attimo nelle narrazioni allorché chimeriche. Siti di affabulazione, di mille storie, allora, stratificate, da raccontare, senza tempo apparentemente, che stravolgono, disorientano, ma solo quando queste fiabe prendono possesso delle raffinate invenzioni urbanistiche autocostruite in pietra dei borghi e nelle incredibili motivazioni che li hanno determinati. I Comuni, quindi, un mosaico di mille tessere che diventano una sola risorsa, ma per adesso solo nelle favole e nei loro luoghi leggendari e misteriosi. Nei siti  dell’Appennino e nella Conca aquilana, San Demetrio né Vestini e le sue Ville: nel sottosuolo sotto le case, a diverse quote le stalle, e ancora più giù la cantina, i pozzi per pigiare l’uva, e altri per la raccolta delle acqua, le gallerie di raccordo, i gradini ritagliati dalla roccia, archi in pietra a tutto sesto che armano le volte e ancora camminamenti, giù, sempre più giù nelle profondità, attraversati da esseri angelici, dalle guance sporgenti che lavorano incessantemente non si sa a cosa, senza fermarsi e senza toccare terra, fluttuano, si aggrappano alle stalattiti, giocano con le gocce d’acqua che scendono dalle volte, ma che infine  proteggono con il loro respiro, che risale in superfice, e avvolge tutte le case e la comunità di San Demetrio né Vestini, è scritto in un libro in pietra poggiato sul fondo del lago Sinizzo: ne fa l’identità locale fasciata dal mistero e dalla fascinazione, sì la fascinazione, infine, che tutti ignorano in quelle Ville diffuse sulla pianura vestina, ma che costituisce la pietra angolare dell’immortalità dei miti mai estinti di quelle contrade. Forse invece è il vento che dalla Valle Peligna, da lì giù, investe in pieno San Benedetto in Perillis arroccato, borgo scavato come una gruviera in una miriade di cunicoli nelle viscere della montagna su cui sorge, in quella società d’inverno costituita, abitato da esseri bizzarri notturni che bisbigliano con le persone attraverso piccole fessure nella roccia, ma solo nei loro sogni che poi non vengono ricordati: la loro memoria scritta sulla pietra da qualche parte che qualcuno ancora cerca, mitica e collettiva inconfessabile; oppure Santo Stefano di Sessanio: sottopassi, grotte e rifugi lo caratterizzano; cavità, budelli angusti ricavati nel calcare del paese dove il vento gelido dell’inverno che s’incunea tra i vicoli tortuosi, quando prende a viaggiare a velocità inaudita, d’incanto, si trasforma in fate primordiali che si allungano con le loro vesti sbattute sulle facciate delle vie,  dai colori turchesi giocano tutta la notte per poi scomparire alle prime luci dell’alba del borgo colto, “mediceo” nel suo blasone e di superficie nell’architettura spontanea, il suo Dna ; è lì sotto invece la società d’inverno della comunità, nelle grotte riunita con gli animali si protegge dai lunghi inverni, che sfida, si batte, si aggrappa al suo tempo in attesa delle prime luci dell’alba e sperare di incontrarle, le fate.” Il viaggiare”, in quella narrazione fantastica, che non ha fine, senza soluzione di continuità, non si modifica aspettando un altro tempo… .

Le immagini. Fotografie d’epoca San Demetrio nè Vestini, San Benedetto in Perillis e la serratura in legno con le miniature sulla civiltà contadina di Pasquale Gualtieri, Santo Stefano di Sessanio.