In vedetta di Giovanni Fattori.

Argomento tematico dell’esame comparato CLIL Storia Arte e Inglese: i Macchiaioli.

Compendio, esposizione dei brani proposti. Nel quaderno di Arte.

I Macchiaioli erano un gruppo di pittori italiani attivi in Toscana nella seconda metà del diciannovesimo secolo, che, rompendo con le antiquate convenzioni insegnate dalle accademie italiane d’arte, facevano molta della loro pittura all’aperto in ordine di catturare luce naturale, ombra e colore. Questa pratica mette in relazione i Macchiaioli con gli impressionisti francesi che vennero alla ribalta qualche anno dopo, sebbene i Macchiaioli perseguissero scopi alquanto diversi. Gli artisti più importanti di questo movimento furono Giuseppe Abbati, Cristiano Banti, Odoardo Borrani, Vincenzo Cabianca, Adriano Cecioni, Vito D’Ancona, Serafino De Tivoli, Giovanni Fattori, Raffaello Sernesi, Silvestro Lega e Telemaco Signorini.

Il movimento ebbe origine da un piccolo gruppo di artisti, molti dei quali erano stati rivoluzionari nelle insurrezioni del 1848. Alla fine del 1850, gli artisti si incontravano regolarmente al Caffè Michelangiolo di Firenze per discutere di arte e politica. Questi giovani idealisti, insoddisfatti dall’arte delle accademie, condividevano il desiderio di rinvigorire l’arte italiana emulando l’audace struttura tonale che ammiravano in vecchi maestri come Rembrandt, Caravaggio e Tintoretto.

Trovarono anche ispirazione nei dipinti dei loro contemporanei francesi della scuola di Barbizon. Castiglioncello: il movimento artistico dei Macchiaioli aveva un focus nella “scuola di Castiglioncello” (Costa degli Etruschi). Credevano che le aree di luce e ombra, o “macchie” fossero i componenti principali di un’opera d’arte. La parola macchia era comunemente usata da artisti e critici italiani nel diciannovesimo secolo per descrivere la qualità scintillante di un disegno o di una pittura, a causa di un’esecuzione abbozzata e spontanea o per l’armoniosa ampiezza del suo effetto complessivo.

Il termine “Macchiaioli” deriva dalla peculiare tecnica cosiddetta a “macchia” utilizzata dagli artisti della corrente. Questa consiste nell’adozione di colori puri giustapposti che permettono la definizione dell’immagine attraverso il contrasto cromatico spesso molto acceso.
Rifiutavano l’uso di linee decise per contornare i propri soggetti, in modo tale che fossero soltanto il colore e la luce a costruire la realtà e a definire le zone di luce e d’ombra.
I bianchi e i neri, questa sorta di non-colori, stregarono gli artisti macchiaioli, percepiti come punti di confronto e di risalto sulla tela. A differenza dei colleghi impressionisti, che abolirono il nero dalle loro tavolozze, i macchiaioli osservarono come su di esso i toni degli altri colori si facessero più netti.
Proprio per quanto riguarda il nero, Cristiano Banti, nelle sue ricerche cromatiche escogitò il sistema dello “specchio nero” per meglio cogliere i contorni delle figure. Egli faceva riflettere il paesaggio su di uno specchio nero, annerito attraverso il fumo, in modo tale che esso apparisse senza scintilii di luce e affinchè le figure e le cose vi si stagliassero quali silhouette.
Dal punto di vista dei soggetti assistiamo all’abbandono di tematiche tradizionali, storiche e classiche per abbracciare i protagonisti della vita quotidiana. Nelle tele degli artisti macchiaioli ricorrono molto spesso i paesaggi rurali della campagna toscana, abitati da contadini intenti a lavorare i campi oppure nei momenti di riposo. Il sistema di rappresentazione del paesaggio dei macchiaioli riuscì a superare il tradizionale vedutismo settecentesco. Infatti, mentre l’immaginario collettivo della pittura di paesaggio ottocentesca fu influenzata dalla profonda ammirazione che i tanti turisti e stranieri del Grand Tour espressero non soltanto nelle bellezze artistiche, ma anche in quelle naturalistiche della città di Firenze, gli artisti macchiaioli ebbero il coraggio di di volgere il loro sguardo verso le modeste e dimenticate periferie, verso i viottoli e le casette, verso i campi assolati.
Oltre ai paesaggi, sono frequenti i ritratti.  Sebbene la tecnica della pittura a macchia sembri la meno adatta a questo genere, che fu da sempre basato su un gioco di dettagliata descrizione, i pittori toscani vi ricorsero spesso. I “ritratti macchiaioli” partirono dalla ricerca del vero, perdendo i caratteri di solennità che da sempre caratterizzavano la ritrattistica passata. I personaggi ritratti sono di diversa estrazione sociale, dalla bellezza scomposta delle contadine e delle popolane, alle signore borghesi, fino alle personalità altolocate. La novità maggiore consiste nello staccare le figure da sfondi neutri e convenzionali, calandole in una cornice ambientale, all’interno della quale è possibile riconoscere gli aspetti della quotidianità.
Nei quadri di questi artisti è particolarmente presente la figura femminile nelle sue più svariate sfaccettature, ritratta sia nella fatica del lavoro fisico che nelle attività di diletto personale e artistico. Un’ulteriore tematica si sviluppò soprattutto nelle fasi iniziali del movimento. Molti artisti che aderirono alla corrente artistica dei Macchiaioli si trovarono coinvolti nel  conflitto bellicoc, il quale segnerà un momento fondamentale per il loro percorso ideologico, culturale ed artistico. Sono numerose le scene che ritraggono i campi di battaglia dell’Italia risorgimentale, le quali vengono sviluppate in maniera originale da ciascun artista soprattutto dal punto di vista dei soggetti e della composizione, in quanto, trovandoci negli anni della nascita della corrente le caratteristiche tecniche e stilistiche non erano ancora del tutto codificate.
Così ci troviamo di fronte a scene di retrovie, dove ci si sta apprestando ad aiutare i feriti (Giovanni Fattori, Il Campo italiano dopo la battaglia di Magenta), oppure calati in una stanza accanto ad una giovane popolana uccisa dallo scoppio di una bomba (Gerolamo Induno, Trasteverina uccisa da una bomba).

Quello dei Macchiaioli è un movimento tra i più significativi e innovativi della pittura italiana dell’Ottocento, formatosi a Firenze attorno al 1855 e fecondo di sviluppi fino all’inizio degli anni Settanta. Fecero parte del gruppo, che si riuniva presso il Caffè Michelangelo, artisti sia fiorentini sia provenienti da varie regioni d’Italia, accomunati da una ricerca tecnica ed espressiva che mirava all’equilibrio tra fedeltà al dato visivo e valenza evocativa della trasfigurazione pittorica.

Sperimentarono inoltre la tecnica macchiaiola, pur senza aderire pienamente al movimento, il pugliese Giuseppe De Nittis, i veneziani Federico Zandomeneghi e Guglielmo Ciardi, il ferrarese Giovanni Boldini.

Tra il 1855 ed il 1867 questo gruppo di pittori, definiti in principio “ Macchiaioli” in senso dispregiativo,  si riunì a Firenze al Caffè Michelangelo. Il loro scopo era quello di propagandare una pittura che riproducesse “l’Impressionismo del vero”. Come gli Impressionisti anche essi rinunciarono al predominio del disegno prediligendo il colore a “macchia”. I soggetti preferiti erano i paesaggi della campagna toscana, la vita quotidiana, il tempo libero e la villeggiaturai poveri e la loro condizione sociale. Questi temi sono simili a quelli del Realismo framcese  – e successivamente dunque al Verismo – ed in parte a quelli del’ Impressionismo. I pittori avevano interesse per le guerre di indipendenza nazionale e combatterono volontari nelle guerre del nostro Risorgimento (Fattori, Signorini e Lega).

MAPPA CONCETTUALE. Quaderno di Arte.

Il termine “macchiaioli” deriva dall’uso di giustapporre sulla tela (o su altri supporti: notevoli ad esempio le tavolette di legno di Fattori) ampie campiture di colore, con effetto quasi di macchie, che definiscono l’immagine attraverso contrasti tonali e chiaroscurali – la macchia in opposizione alla forma, in un certo senso. Il nome venne adoperato per la prima volta nel 1862, in accezione negativa, da critici ostili alla nuova corrente, e fu successivamente adottato dal gruppo, trasformato in definizione positiva.

Grande importanza ebbe nell’elaborazione della poetica macchiaiola la conoscenza delle maggiori novità dell’arte francese: il 1855, in particolare, segnò un momento di svolta nella consapevolezza artistica del gruppo, maturato attraverso le discussioni accese da De Tivoli, Francesco Saverio Altamura e Giovanni Morelli, reduci dall’Esposizione universale di Parigi. Successivi soggiorni nella capitale francese portarono altri pittori della cerchia fiorentina ad ammirare l’arte di Corot, Millet e della scuola di Barbizon, oltre che lo scandaloso realismo di Courbet: esperienze che stimolarono una fondamentale riflessione sul genere paesaggistico e sulle potenzialità rappresentative della pittura. Non va dimenticato, infine, che nel corso degli anni Cinquanta visitarono Firenze  Manet (1953) e Degas (1858), lasciando una profonda impronta negli ambienti artistici della città.

Punto centrale della poetica macchiaiola fu il rifiuto dell’arte accademica, stereotipata nelle tecniche (ad esempio, nell’assoluta priorità attribuita al disegno sul colore) e nei soggetti, a favore della rappresentazione della quotidianità domestica e delle attività lavorative umili, perlopiù contadine. Non mancarono anche dipinti dedicati a episodi delle guerre d’indipendenza (molti dei macchiaoli vi avevano preso parte in prima persona), privi tuttavia di ogni intento celebrativo ed eroicizzante (Il campo italiano dopo la battaglia di Magenta, Giovanni Fattori, 1861, Galleria d’arte moderna, Firenze).

La tensione realistica sancì il definitivo distacco dalla pittura storicista, mitologica e religiosa che aveva a lungo dominato il panorama artistico italiano ottocentesco, e la volontà di concentrarsi nella definizione del vero e della contemporaneità. Tra i più significativi esempi dell’arte macchiaiola sono gli interni, inondati spesso dalla luce di una finestra (L’educazione al lavoro, Silvestro Lega, 1863, Collezione Dini, Montecatini Terme), e i paesaggi toscani, tagliati in nette zone d’ombra e di sole (Fine d’agosto a Pietramala, Telemaco Signorini, Galleria d’arte moderna, Firenze; Il Mugnone, Odoardo Borrani, Galleria nazionale di arte moderna, Roma; Tetti al sole, Raffaello Sernesi, 1861, Galleria nazionale di arte moderna, Roma; Chiostro, Giuseppe Abbati, Galleria d’arte moderna, Firenze).

I pittori compirono numerosi viaggi all’estero per cui accrebbero la loro vitalità. Il momento di massimo vigore del gruppo è segnato dalle scuole di Castiglioncello e di Pergentina, i cui nomi sono riferiti alle rispettive località presso le quali questi lavoravano.

Presso Castiglioncello ricordiamo: Abbati, Sernesi, Borrani, Fattori, Boldoni, Signorini e Zandomeneghi. Mentre, per quanto riguarda Pergentina, il massimo esponente è rappresentato da Silvestro Lega.

TRADUZIONE IN INGLESE DEI SEGUENTI BRANI. Quaderno di Arte.

Nel 1853, forse per motivi politici, si trasferisce a Firenze dove, con Severini e Borrani, si lega al nascente gruppo “macchiaiolo”, frequenta il Caffè dell’Onore e, dal 1855, il famoso Caffè Michelangelo.

Scoperte e rivelazioni sul pittore “macchiaiolo” al Centro Matteucci.

Dipinti dei più importanti esponenti dell’Ottocento, dai Macchiaioli , ai Divisionisti.

Tra i molteplici soggetti trattati dagli artisti  Macchiaiolim, si coglie l’assenza di una ritrattistica di tipo celebrativo.

Premi e riconoscimenti 1868-1881 «Giovanni Fattori e gli artisti Macchiaioli.

I “ritratti macchiaioli” partirono dalla ricerca del vero, perdendo i caratteri di solennità che da sempre caratterizzavano la ritrattistica passata.

Filippelli, infatti, ha perfettamente accolto l’eredità dei suoi predecessori Macchiaioli, alla quale ha dato spazio nei suoi incantevoli paesaggi eseguiti dal vero.

Il sistema di rappresentazione del paesaggio dei Macchiaioli riuscì a superare il tradizionale vedutismo settecentesco.

La traduzione in inglese verrà pubblicata tra qualche giorno, nel successivo Step.

LETTURA OPERA D’ARTE. In vedetta di Giovanni Fattori.

Testo e disegno, lettura critica dell’opera d’arte. Quaderno di Arte, per il CLIL.

Le immagini del quadro sono state scomposte per articolare la LETTURA DELL’OPERA D’ARTE.

Il campo visivo, la luce rappresentata, la geometria strutturata dell’opera, il cromatismo, ambientazione – atmosfere del quadro e significato, il nuovo linguaggio della figurazione, i personaggi e il loro pensiero, il suolo che calpestano i cavalli, il muro metafora pittorica, sul fondo – orizzonte un cromatismo che sembra il mare.

In vedetta di Giovanni Fattori racconta la Guerra d’Indipendenza dell’Ottocento sul territorio italiano con garbo e poesia.

Giovanni FattoriIn vedetta, o Il muro bianco, 1872, olio su tela, 37×56 cm. Valdagno, collezione Marzotto

Descrizione de In vedetta o Il muro bianco di Giovanni Fattori

A destra del dipinto un ampio muro bianco riflette la luce accecante del sole. Un soldato a cavallo è fermo verso destra e osserva oltre il bordo dell’opera. La sua figura intercetta i raggi e proietta l’unica ombra contro l’intonaco bianco. Inoltre la sua divisa scura crea una sagoma netta contro la luce riflessa. Ai piedi del muro il terreno è arido e polveroso e tra la terra bianca si notano chiaramente i cumuli di sterco del cavallo. La luce impietosa e il caldo non permettono la crescita della vegetazione. Solo qualche pianta colonizzatrice riesce a farsi strada con le radici in profondità.

Al fondo, oltre la fine del muro, stazionano altri due soldati. I cavalli hanno colori diversi e opposti, uno bianco e uno nero. Le tre sentinelle sono di vedetta e stanno controllando il territorio. A sinistra si sviluppa una strada sterrata la cui carreggiata è indicata dalle rimanenti tracce dei carri. L’orizzonte è rappresentato da una linea pulita e deserta sulla quale la calura della tarda mattinata crea ondeggiamenti della visione. Il cielo è terso e sgombro da nubi.

Interpretazioni e simbologia de In Vedetta

Giovanni Fattori fu un sostenitore delle Guerre d’Indipendenza come altri Macchiaioli anarchici e repubblicani. La sua visione realista della pittura lo portò a considerare come soggetti della stessa realtà soldati e contadini. Questo perché gli uomini che indossavano la divisa erano anche lavoratori della terra in periodo di pace. Come in altri dipinti contemporanei è l’uomo ad essere armonizzato nel contesto naturale, anche nel caso di dipinti ufficiali quali il principe Amedeo ferito durante la battaglia di Custoza.

In Giovanni Fattori la figura del soldato è sempre accompagnata da quella del contadino. L’artista intende infatti mostrare quella che era una realtà sociale dell’epoca. Infatti l’artista ritrasse durante la Guerra d’Indipendenza Italiana la realtà sociale che poteva osservare. Questo si può vedere infatti nella sua opera “In vedetta” del 1872 dunque poco dopo le guerre d’indipendenza.