Testo e fotografia Vincenzo Battista.

Vestini Cismontani per definizione, la protostoria entra nella loro area geografica, tra la città dell’Aquila e la valle del Tirino. Etnia stanziale, gruppi associati da un comune intendimento nell’Età del Ferro, X secolo a. C. , per insediarsi infine nei centri fortificati d’altura costituiti da un alzato perimetrale di mura a secco nella forma di un semicerchio o limitare e circoscrivere il rilievo di un colle (emblematico è quello di monte Cerro, prospicente l’abitato di Fossa) , ma sempre in altura il prerequisito difensivo. Insediarsi la regola, in una “regione”, ma non lo sapremo mai se non in maniera frammentata (poiché complessa è la conoscenza), forse dall’alto conflitto tribale dell’abitato protostorico: lingua, le società locali costituite, l’orientamento e i miti, le relazioni, il potere, l’egemonia del territorio, caccia, pratiche agricole e credenze religiose, stili artistici: domande dirette verso i centri fortificati d’altura insediativi, i frammenti ceramici rinvenuti e infine alle inumazioni…Bassi e radenti, volteggiamo, ci incliniamo e ruotiamo per osservare meglio sui rilievi sottostanti, a nord – est della città dell’Aquila, lì dove l’ultima periferia cede ai rilievi che improvvisamente si alzano, gobbe erbose sommitali sotto di noi, concrezioni carsiche, blocchi come totem scoperti dalle bufere incessanti e dai venti, e poi le frazioni (Aragno e Paganica) e la Conca aquilana. L’elicottero è pilotato da Davide Zecca, istruttore e collaudatore – aeroporto dei Parchi – Preturo. E se la visione dall’alto permette di comprendere il paesaggio e le sue permanenze, sotto di noi un puzzle di circuiti murari, a disgregarsi ma poi riprendono, apparenti tracce, trame di muratura a secco, linee di pietra che si allungano, segnano le curve di livello orografiche. Le pietre di crinale allineate alla sommità in una sorta di cinta difensiva, un circuito di pietre calcaree e spostate, a volte sulla sommità collinare: tutto questo tra la vegetazione e il prato pascolo. Sono solo indizi, forse per ricapitolare e comprendere il paesaggio d’altura dell’Aquila, a settentrione.Noi, proviamo a pensare, dai Cismontani, in volo, ci “spostiamo”, per usare un eufemismo, e quasi gli siamo sopra poi, nell’indifferenza completa di una piccola mandria al pascolo che gira la testa e ci guarda imperterrita. Ci siamo, gli giriamo intorno con l’elicottero al “reperto” di cultura materiale che riconduce, ma solo lontanamente, con il principio dei centri fortificati, anche se si tratta di una permanenza armata di muratura in pietre fortificate, che doveva proteggere l’allevamento stanziale in quota, intorno ai 1000 – 1200 metri. “Mandroni”, gli stazzi permanenti in pietra. Nella depressione della montagna, in una sorta di incisione calcarea, un luogo protetto dalla sua stessa morfologia, poiché il muro a secco concorre a disegnare lo schema geometrico con circa un metro di spessore e un alzato di circa due metri con pietra a secco: perimetra lo spazio interno adibito al ricovero della mandria contro gli attacchi dei lupi. Nell’area meridionale una porta di uscita del bestiame, mentre quella di entrata alla sommità con il “guado” per la mungitura. Al centro del “mandrone” le pietre affioranti per somministrare il sale. La capanna a tholos per i pastori, oltre la preparazione dei formaggi, ricovero degli agnelli nati, si appoggiava al muro perimetrale. La vegetazione è cresciuta al centro nella parte umida del suolo. Impianti dismessi, reperti, fossili e “monumenti” dell’allevamento transumante, i “mandroni” (idioma locale), in quelle gobbe lunari, sono stati edificati ed adattati al paesaggio, si riproducono sull’intera dorsale, quasi a formare strutture di comunicazione, visive di giorno, e relazionate tra loro con l’accensione dei fuochi di notte, in una concezione dello spazio naturale e dei bisogni nell’aiuto reciproco, nello scambio che è inutile cercare, immaginate voi dove…