Testo e fotografia Vincenzo Battista.

In una chiesa altomedievale alle pendici di un borgo storico, versante Occidentale del Gran Sasso d’Italia, dentro l’edificio religioso, gli avanzi di manufatti in pietra, architravi, frammenti ed elementi lapidei infissi sulle pareti: la rosa canina dei prati aquilani elaborata in cerchi concentrici simbolo di purezza e accoglienza; volute geometriche simbolo dello Spirito Santo; trecce scolpite di origine romanica simbolo di infinità, eternità, continuità del culto. Colonne longobarde con capitello. In particolare, un architrave lobato con due rose ai lati, presenta un coltello a falcetto per mietitura dei cereali e per i lavori negli orti: la punta a mezzaluna veniva utilizzata negli innesti delle piante; un libro con i codici manoscritti medievali, formato da due lastre di metallo ( girava e si ripiegava sul dorso) che contiene gli stessi manoscritti su carta pergamena ( cartapecora) o carta pecudina, infine il laccio di cuoio per la chiusura sulla borchia romboidale sempre in metallo; la lunga falce ( legno e ferro ) per tagliare i prati e i campi delle erbe foraggere utilizzate per l’allevamento ovino e bovino nelle stalle. L’architrave è inciso e lavorato a rilievo con queste figurazioni, unico ed esclusivo esemplare nel quadro degli insediamenti religiosi del Gran Sasso, riflette il combinato tra il lavoro e la Scrittura, tra la manualità e il Verbo. Un’altra lastra incisa presenta un albero e un contenitore in zucca per il trasporto dell’acqua.