I medici del Terzo mondo: eroi – missionari, sconosciuti.

Testo e fotografia di Vincenzo Battista.

“Lo zingaro nefasto, che nessuno voleva riconoscere malauguratamente arrivato tra noi, pare si sia voluto mostrare a viso aperto…” scrive, della cittàˆ di Sulmona, in un corsivo, il giornale ” La Bandiera” del 20 agosto 1893. L’immaginario collettivo è accontentato, ha trovato finalmente nelle sue paure dell’ignoto, e nel panico che la alimenta, l’oggetto fisico apocalittico su cui scaraventare la rabbia in assenza di spiegazioni scientifiche: lo zingaro, il forestiero, ovvero la diversità, è identificato e servito, insieme al suo noto comportamento etnico, antropologicamente differente, occulto, nomade e marginale e quindi minaccioso verso la società delle città; è pertanto il pericoloso responsabile dello sviluppo e della diffusione dell’epidemia del colera, il terribile morbo interclassista,  che uccise anche i nobili. Così il corsivo, segnalando che si inizia con tre morti ma molti altri ne seguiranno in un flagello che comunque dilagherà, e a nulla serviranno gli esorcismi antropici, poiché supererà le mura di Sulmona oltre “le piramidi di cocomeri, e tutte le frutta acerbe e nocive ” della piazza fatte togliere dal “Comitato di Soccorso” insieme ai reggenti del Comune dimissionari, in seguito, per incapacità. L’infezione, continuerà ancora oltre il 10 settembre, dovrà essere controllata e curata e segnala anche il modo: ” Facendo ingoiare – scrive ancora il giornale – all’infermo non meno di mezzo litro di olio d’oliva dolce, unitamente al succo di tre limoni, con giusta dose di zucchero. Ottenuta una sospensione di vomito e secrezione intestinale, si continui la cura di bevande acide laudanizzate. È d’uopo avvertire che se quell’olio acidulato fosse rigettato dall’infermo, bisognerà ripeterne la somministrazione sempre abbondante, che giunga a penetrare negl’intestini tenui per arrestare lo sviluppo di quelle colonie colerigene. È un concetto terapeutico che l’olio, va ad ungere il tubo intestinale, impedisce il lavorio riproduttivo di microbi, e per la sua azione purgativa li caccia…”. Empiricamente si cercano le soluzioni, ma “i microbi avanzano”, si estendono nei paesi limitrofi, e in altre aree tra le quali San Benedetto in Perillis. Lì c’è la descrizione manzoniana della desolante epidemia di colera. Annota infatti il medico provinciale dell’Aquila:” Stavano sull’entrata del paese ad aspettarci due sacerdoti dalle vesti inzaccherate di calce, dal volto triste, ma pieni di energia e vigore”. Su una popolazione di 800 abitanti e 90 colpiti, 50 furono le vittime del colera che ha continuato la sua azione in molte regioni del pianeta, anche con patogeni nuovi (come HIV), paradigma tra una umanità altra, distante e inimmaginabile per noi, sofferente, privata dei fondamentali diritti alla vita, attaccata dalle malattie e dalla povertà e la filosofia della scienza di Medici senza Frontiere, di Emergency, e tante altre associazioni di medici eroi – missionari, sconosciuti, che incarnano, quotidianamente, nel silenzio dei mass – media, il senso profondo della solidarietà e della speranza soprattutto verso ” gli zingari”, ” i diversi”,  in tutte le altre parti del Terzo mondo. E’ questo il varco, decisivo, per entrare nello spirito  e nei suoi fondamenti epidemiologici e della patogenesi, con una apparato storico ricostruttivo sulla batteriologia del colera e la distribuzione su scala mondiale nelle aree sottosviluppate, per scalare un’immensa montagna, metafora, fuori dalle fiabe, di una medicina autentica, sostenibile e percorribile, essenza e legittimazione dell’umanità sofferente, come ci insegnano quotidianamente alcuni uomini senza confini geografici, sicuramente da qualche parte nel mondo.