Da una spelonca sulla montagna quello che accompagna Celestino verso Collemaggio è l’estremizzazione della povertà.  QUINTA PUNTATA.

In sei puntate, dal 23 agosto fino al 28, Vincenzo Battista percorrerà e ci farà conoscere – in un diario sul campo, tra ambiente, fonti storiche e un reportage in bianco e nero – i luoghi impervi del Morrone dove visse Pietro dal Morrone, fino alla Valle dell’Aterno che attraversò con il corteo pontificio e infine Santa Maria di Collemaggio nella quale fu incoronato Papa con il nome di Celestino V. Un viaggio alla ricerca dei tratti distintivi di una religiosità popolare che con l’ambiente naturale ha creato il mito dell’uomo solitario della montagna eletto al Soglio Pontificio.

Il lungo viaggio del perdono.
Quinta Puntata

 Testo e fotografia di Vincenzo Battista

Mille piedi, rotta Sud-Sudest, e il complesso dell’Abbazia, dall’elicottero pilotato da Giorgio Zecca, emerge dallo sky-line con le pietre cruciformi, bicrome bianche e rosa, abbaglianti della facciata: l’architettura romanico-gotica temperata su “Colle di Maggio”; poi la manovra, il velivolo si inclina su un lato per farmi osservare maglio la basilica il suo disegno strutturale a croce latina, i tre rosoni traforati gotici, e quella particolare forma di coronamento orizzontale della facciata.

Infine spinge i motori verso la Valle dell’Aterno, avvolta dalla foschia e dalla luccicante, tortuosa strada che ci guida fino alla forra del castello e del recinto fortificato di Beffi, frazione di Acciano.

In overing, lentamente scendiamo, tra le pareti di roccia che lì si restringono, e come in una sorta di ascensore, ci poggiamo su un fazzoletto di terra che costeggia il fiume Aterno tra lo stupore di un anziano contadino dentro un orto, che ci accompagnerà a vederla: “La strada che ha fatto Celestino V – mi dice – C’è anche una chiesa dedicata a lui, ma più avanti nel fiume e qui, nella valle, ha fatto anche i miracoli . . .”.

Il luogo, in poche decine di metri, dalla grande parete a strapiombo, una falesia su un’ansa del fiume Aterno, presenta alcune nicchie, scavate nella roccia, dove venivano poste forme e immagini votive della tradizione religiosa e soprattutto, alla base, conserva ancora per un breve tratto i solchi del passaggio dei carri che per secoli hanno inciso la pietra prima di scomparire nei pressi di un ponte medievale in pietra, recentemente restaurato.

Più che un indizio, una traccia dell’antica viabilità di fondovalle, nel Solco dell’Aterno, che per quattro giorni, dal 24 al 27 luglio 1294, l’eremita del Morrone, secondo alcune fonti, attraversò con il sontuoso corteo condotto da palafrenieri e scudieri del Regno diretto alla basilica di Collemaggio per essere incoronato con il nome di Papa Celestino V, il 29 agosto.

Qualche tempo prima, il 5 luglio 1294, il Collegio dei cardinali, riuniti a Perugia, dopo due anni di aspre trattative e conflitti tra le famiglie degli Orsini e i Colonna, i potenti dell’epoca, eleggevano alla cattedra di San Pietro l’ottantacinquenne eremita Pietro.

Un uomo definito santo già in vita, “Un Papa – scrive Edith Pastor – che teneva presente più i problemi religiosi che quelli politici nella conduzione del governo della Chiesa”. “Un vecchio avanzato negli anni” – scriveva invece nel 1296 due anni dopo, il cardinale Jacopo Stefaneschi nel suo rapporto nell’opera Opus Metricum sul primo incontro avuto con l’eremita, sorpreso e indugioso per tanta novità, con la barba irsuta, triste nel volto pallido, magro nelle gote e con le membra abituate al digiuno, con le palpebre gonfie dalla lacrime, con un abito rigido, un volto austero e degno di rispetto.

Il porporato, insieme ai Legati pontifici, nella grotta del Morrone gli annuncia l’elezione al pontificato. Da quella spelonca sulla montagna quello che lo accompagna nel suo “viaggio” verso Collemaggio è il concetto di estremizzazione della povertà che è parte integrante della sua persona ma che sono anche le condizioni disastrose dell’umanità di fine ‘200, alle quali potrà dare, a quel genere umano schiavo del sopruso, dell’umiliazione e della tortura, senza diritti, la possibilità di aspirare alla prima Perdonanza, all’indulgenza, a pari dignità con potenti o con gli stessi aguzzini, in quella Porta Santa di Collemaggio, che geometrizza un campo salvifico, disegna l’atto coraggioso del perdono, del diritto immateriale sulla persona che viene legiferato senza frontiere, ferma quasi il tempo e lo riconsegna alle parole di un grande protagonista del nostro tempo, anche lui più avanti della Chiesa.

Un uomo anziano che si trascinava per il mondo chiedendo perdono per i crimini contro l’umanità commessi dall’uomo e perpetuati anche con il silenzio della Chiesa: dalla tratta degli schiavi in Africa alla cancellazione di intere etnie in America latina con i Conquistadores fino, al secolo scorso, all’Olocausto. Un uomo, Giovanni Paolo II “dal volto pallido . . . un volto austero e degno di rispetto” che forse, quando si aprirà domani la Porta Santa, su quei pochi gradini in pietra, come Celestino V, verrà ricordato dalla gente comune.