L’ Aquila. La percezione e la conoscenza del paesaggio. In volo con l’elicottero. Giorgio Zecca.

Testo e fotografia Vincenzo Battista.

Iniziava a girarci intorno, lo apriva come una scatola. Ispezionato, semplice routine, ma molto di più per chi era tutt’uno con quella macchina volante delle meraviglie… Ma prima. Giorgio Zecca (scomparso nel 2017) pilota, e non solo, preparava l’elicottero senza fretta prima del volo, in quella solitudine tra lui, i motori e il cielo: “Chi ha provato il volo camminerà guardando il cielo, perché là è stato e là vuole tornare” (Leonardo da Vinci). E poi il decollo in hovering dall’aeroporto di Preturo, uno dei tanti, in oltre 30 anni e non sono più riuscito a contarli i voli con Giorgio (gli dicevo che avrei potuto prendere il brevetto, comunque sempre presente nei miei libri, dall’inizio). I voli sì, con quella macchina delle meraviglie che solo lui riusciva a fare certe cose: un’antologia le potrebbe raccontare ma, con queste immagini che “sfoglio” sul computer, riapparse, sì, di un volo (Vola solo chi osa farlo.  Luis Sepúlveda), forse un primo capitolo.

Eccole. Le immagini scorrono sul desk, i fotogrammi si inseguono su quelle gobbe – ci siamo alzati con l’elicottero – sempre più distanti dalla nostra quota, sembrano un paniere allungato, ma è la periferia dell’Aquila, la sua morfologia carsica accidentata, cruda dorsale alla sua sommità, inquieta sotto di noi ( io non ho il finestrino, tolto come sempre, per fotografare: è come stare su un otto volante) nei solchi, le depressioni e la vegetazione rada e intensa che si modifica, adesso, in monte Stabiata, “Il Vasto”, e poi fino al passo delle Capannelle, “navighiamo” alla sommità dei pianori ad Occidente della città dell’Aquila: un paesaggio inaspettato per la bellezza della sua essenzialità… E da queste “altitudini” si percepisce un territorio “visionario”, oltre l’aspetto liturgico del volo con le sue implicazioni, ma è la sua configurazione la causa – effetto del paesaggio storico che toglie il fiato, con tutte le nicchie motivazionali: dagli animali al pascolo immessi nelle quote alte, i laghi carsici, fino al paesaggio montano e le terre coltive sempre più ristrette e allineate, ripartite dalle famiglie come era consuetudine.  Le grandi radure, il disboscamento storico, i lunghi muri a secco confine dei terreni o risultato dello spietramento per recintare le grandi proprietà armentizie un tempo, la sentieristica storica e i camminamenti privilegiati delle mandrie, la natura dei boschi che lentamente riprende quello che gli apparteneva, i grandi prati e l’allineamento dei mandroni in pietra per il regime dei pascoli e gli attraversamenti della transumanza verticale, le neviere nei fossi, gli stazzi recintati. Tutto questo nell’asprezza del paesaggio alla periferia della città e nelle sfide continue di chi lo utilizza ancora oggi; e poi le lunghe strisce di terra coltivata che cambiano colore e sembrano, dall’alto, piuttosto dei disegni Naif dei bambini. Giorgio si gira nell’abitacolo dell’elicottero, ogni tanto mi sorride, taciturno sì, mi indica qualcosa,  vira, si abbassa, vuole giocare con la mandria sotto di noi che inizia il galoppo, sempre più intenso, ci siamo sopra con l’elicottero, lo stomaco si alza, il cuore batte velocemente, il respiro sempre più corto, della pressione non ne parliamo, siamo in picchiata, non so più a che cosa mi devo aggrappare nell’abitacolo e loro, i cavalli, si dileguano, scartano con gli zoccoli e il corpo, improvvisamente, tra le tante gobbe carsiche, la sommità di pietrame e il verde accecante del prato-pascolo. L’elicottero plana, si allinea orizzontale, rientra insieme al mio respiro anch’esso riallineato. Ancora Leonardo da Vinci: Lo corpo nostro è sottoposto al cielo e il cielo è sottoposto allo spirito…”.