La Conca aquilana.

Testo e fotografia di Vincenzo Battista.

La Conca aquilana è limitata a N dalle diramazioni occidentali della catena del Gran Sasso, a S dai monti di bagno, di Ocre, di Tornimparte; quindi si trova compresa tra la catena orientale e la catena centrale delle tre, nelle quali i geografi dividono l’Appennino abruzzese. I limiti occidentali ne sono abbastanza precisi dal monte Calvo (m.1901) e dai monti di Cagnano; non così gli orientali, perché la Valle aternina, al di là del paese di San Demetrio, prosegue a N per la stretta pianura che va da Barisciano a Navelli e più altre a Popoli, e a S si continua nella profondissima gola in cui scorre l’Aterno e la ferrovia L’Aquila – Sulmona, fino a Raiano dove si apre la Conca peligna. La formazione più antica del trias ed Infralias, oltre che da colle Liseo sulla via Arischia – Montorio al Vomano – Teramo, si trova alle falde meridionali del monte di Pettino che conferma un intera linea di frattura, che, partendo dalla regione del Gran Sasso, per i monti Ienca, di S. Franco, Colle Liseo, monti di Pizzoli, della Barete e di Cagnano, si congiunga con la linea di frattura dei monti Giano e Terminillo, formando un grande arco con la convessità a N tagliato dall’Alto Aterno, di una lunghezza di circa 50 chilometri. Come le formazioni riferite al trias e all’infralias, anche quelle del Lias non sembrano apparire nella catena centrale, almeno con gli identici caratteri litologici. Il calcare litografico del fosso di S. Giuliano nelle parti più profonde ha gli strati alternati con banchi di una marna grigio verdastra, dai quali scaturisce l’acqua, che, riunendosi nel talweg di S Giuliano, viene quindi raccolta e portata alla città. Sulla destra dell’Aterno si ritrovano rocce identiche a questa marna presso la chiesa del paese di Vigliano e sembra sottostare alla massa in gran parte cretacea del monte Calvo, situato tra i monti di Cagnano e il monte Giano. Sulla destra dell’Aterno, cioè nel versante più settentrionale della catena centrale, si è sviluppato il titonico e precisamente poco sopra la casa cantoniera di S. Panfilo sulla nazionale L’Aquila – Celano. La formazione si estende ad E verso S. Martino, ad O verso il monte Ocre. Più a N verso S. Panfilo, cioè al Malo Passo, regione che è ad E del monte d’Ocre, il calcare cretaceo, per quanto le frane numerose ed il miocene permettano di vedere, ha gli strati inclinati a N-E con una direzione ed inclinazione analoga a quelle osservate per il cretaceo della Quartora e di colle Cerasetti a N del detto monte di Ocre. Nella catena orientale, prescindendo da quello della regione del Gran Sasso, il cretaceo con i caratteri di calcare semicristallino si estende da Aragno a Colle Brincioni per il monte Castellano, presentando una interruzione e delle velature prodotte da una formazione di età differente, prosegue poi per Pago Martino e Valle di Cascio, sin presso Arischia, alla Madonna delle Plaje e a Fonte Puzzillo, dove sostiene i calcarei rossi. Verso O il cretaceo di questo tipo litologico continua fino a monte Rua, al monte di Preturo e principalmente nel massiccio di Monte Calvo (m.1901), che a S nella stretta del paese di Vigliano, è sorretto dai calcarei più antichi e riferibili al Lias per la presenza già accennata della marna verde grigiastra. Ma dove il cretaceo a questa un enorme importanza, perché si ricollega a due opposte parti d’Italia, cioè quella di Col di Schiosi in Friuli e quella di termini Imerse in Sicilia, contenendo forme caratteristiche ai due giacimenti, è la regione che si estende dal paese di Lucoli ad O al monte d’Ocre a O – e dai paesi di Bagno e di Pianola a N a quello di Casamaina a S formando una specie di angolo aperto a N-O col vertice al Monte d’Ocre, il lato meridionale ai monti della Quartora, di colle Cerasetti, della costa Grande e del colle di Lucoli e il lato settentrionale ai monti di Bagno e di Pianola. Una caratteristica speciale del calcare cretaceo compatto e non stratificato, è la sua facilità di dissolversi in ammassi di sabbie bianchissime, i cui granuli hanno una forma prevalentemente romboedrica come sono stati osservati sotto la Torretta di Preturo, al monte Calvo e sulla sponda sinistra del piano di Pezza.