Testo e fotografia Vincenzo Battista.

I personaggi reali o immaginari del Medioevo associati a una dimensione profetica, la montagna e le condizioni di vita hanno segnato la propria epoca e la memoria giunta fino a noi trasfigurata nel mito delle spelonche e delle giogaie sacre del Gran Sasso d’Italia. Scelta per l’eremitismo la montagna, la vita che vi si conduce è lotta tra il bene e il male (quell’iconografia cristiana – coniugata al lupo, la serpe, l’orso – è presente in disparati luoghi di culto dell’Appennino), il paesaggio viene tradotto è dimensionato al soprannaturale. Il santo peregrinante si impone nello scenario medioevale con un ruolo salvifico, personaggio della collettività, emblema della ragione, mediatico prodotto positivo della comunicazione in quei tempi, nella decomposizione della società di un Medioevo di culture antiche e lento nel suo progredire. In questo quadro irrompe l’uomo della comunicazione, il santo eremita con i suoi testimoni che compendiano e portano avanti la sua vita spirituale e la fama raggiunta. È una svolta, la montagna che lo ha cresciuto diviene quindi un sigillo animato da eventi metastorici, una nuova civiltà del paesaggio antropizzato si apre a favore di una storia locale abbagliante negli esiti legati alla cultura della montagna, che oggi noi attraversiamo…