di Vincenzo Battista

La leggenda, narrata ai bambini di una scuola elementare, racconta che in una notte di luna piena, finalmente, dopo che avevano tanto parlato e discusso, decisero che era giunto il momento, si tornava a casa. Intorno a loro c’erano state fin troppe devastazioni, incuria da parte degli uomini, distruzione dell’ambiente. Allora si passarono la voce, si misero in fila, e lentamente, nel plenilunio, i gamberi, iniziarono a risalire il fiume Aterno, davanti agli occhi stupefatti dei pesci che decisero di seguirli, sotto quell’acqua che scorreva, ma inquinata com’era, non poteva più proteggerli. Silenziosi, in una lunga catena, da Pizzoli a Barete, famiglie intere di gamberi, piccoli e grandi, si riunirono con il capo famiglia che parlarono agli alberi, mentre i gamberi anziani raccontarono le loro storie antiche vissute dentro il fiume. Questi furono ascoltati, tutti presero le loro cose, e iniziarono quindi il lungo viaggio risalendo il corso d’acqua verso la salvezza, per continuare a vivere felici e riprodursi. La leggenda, infine, racconta la meta finale del viaggio: le sorgenti dell’Aterno, misteriose, nascoste, chiuse tra i monti, ma che li avrebbero infine protetti e tutelati. Il fiume lì abita, e inizia a scorrere dentro la Conca aquilana. Le maestre ci hanno mostrato i racconti e disegni dei bambini sui gamberi, non possiamo usarli come “mappa del tesoro” per ritrovare le sorgenti dell’Aterno, ma noi, comunque, è lì che siamo diretti, per vederla questa leggenda, dal vero, e continuarla a raccontare ai bambini: trovare i gamberi, che da qualche parte, tra le montagne dell’Alto Aterno, si sono nascosti. Partiamo da Sivignano, un pugno di case, frazione di Capitignano. Prima di salire nella stretta gola, dove scorre il torrente Riezzano, nella faglia detta di Capitignano, un anziano ci ricorda il tentativo di trafugamento della tavola “ Madonna di Sivignano” ( XIII sec.), da parte di ladri e ricettatori, avvenuto intorno al 1943. Il dipinto, tolto dalla chiesa, fu nascosto, e continuamente spostato nelle varie cantine del paese, eroicamente, tra le balle di fieno, prosciutti e patate. Infine salvato. Risaliamo il sentiero. La vegetazione è avvolgente. Ci apriamo un varco tra rovi impenetrabili, rami spezzati, alberi caduti. L’acqua scorre da tutti i lati, siamo circondati da un reticolo di canali, sempre più impetuosi. Costretti a lasciare il fondovalle, per i fianchi, l’acqua scava la tenera pietra arenaria. Poi un rumore, sempre più forte, ci avvicina alla sorgente Nonnola a 1200 m. Le cascate. La prima, poi una seconda e infine il rumore assordante e impetuoso di un gettito d’acqua impressionante di dieci metri: lo superiamo, completamente bagnati. Quasi come un sortilegio, il rumore termina. Ecco le sorgenti. Davanti a noi piccoli laghetti, pozze, e i gamberi, intere colonie, dentro l’acqua e ai bordi della vegetazione. Possiamo toccarli come nella leggenda, loro non avvertono nessuna minaccia, tanto sono integrati in un ambiente primitivo, alla maniera del mulino di “Riolitto”, a Barete: sembra la casa di mago Merlino, la fabbrica delle alchimie, visitato dagli chef stellati per l’alta qualità delle farine, che racconteremo.

Computer grafica di Duilio Chilante

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