Le acque della città di Aquila.

Il plastico 3D della città esposto nel Munda, 99 Cannelle.
L’acqua nel “work in progress”, fondamento della città nascente: ripartire da lì.

Testo e fotografia di Vincenzo Battista.

Le depressioni strutturali, i solchi, le incisioni nella lettura di superfice geomorfologica della collina che ospitò l’edificato della città nova di Aquila, si presentava prima come un’enorme spugna, per usare un eufemismo, intrisa di acque, poiché la stessa collina declinante verso il fiume Aterno, oltre che essere una barriera di separazione di due ambiti di pianura della Conca aquilana, e soprattutto difensiva, trovava una ragion d’esser nelle acque sorgive in quell’indissolubile valore socio-economico nelle comunità medievali che l’avevano fatta propria. L’acqua quindi, bene primario e costitutivo della città, come negli scritti e nelle citazioni storiche sull’origine del centro abitato fino al recente passato.

Pozzi in pietra e cisterne all’interno degli edifici religiosi, nelle strutture monastiche o nelle residenze civili e fabbricati collettivi, le canalizzazioni in pietra per portare l’acqua nei punti strategici di Aquila, le condutture sotterranee, i lavatoi dentro i conventi, le fontane monumentali, le vasche di raccolta per abbeverare gli animali (vedi le immagini d’epoca della città), e nei palazzi rinascimentale i mascheroni antropomorfi da cui usciva l’acqua ; nei cortili e nei chiostri l’uso delle cisterne ipogee di straordinarie lavorazioni in conci di pietra e mattoni, i fontanili, le fontane in ferro battuto dei rioni e dei Quarti e infine le sorgenti come una delle ultime, a ridosso delle mura, cementificata e sepolta nel recente passato a Porta Barete, prima che l’area venisse definitivamente compromessa.

Le acque, quindi, la forma liquida, memoria e informazione, mantengono l’impronta di tutto quello che è entrato in contatto, oltre il tempo, oltre gli esodi e i terremoti, le loro molecole ci raccontano da dove veniamo. Se potessero parlarci, che viaggio questo a ritroso nello spazio in una città nata difficile “Terra di Germania” e di confine, nascosta tra le plaghe montuose dell’Appennino.

Il plastico in 3D del Munda, e recentemente esposto al pubblico, persegue l’intento di crearne una sorta di “work in Progress” (lavori in corso), un allestimento e una rivisitazione continua, un aggiornamento nelle citazioni dei luoghi, nei monumenti, abitazioni civili e architetture religiose, ecc. Esposto in una visione come non l’abbiamo mai vista la città, tuttavia, l’acqua come si diceva, nelle sue molteplicità di uso e funzioni acquisite e consolidate dentro le mura della città prima medioevale e poi dalle architetture diffuse nei successivi secoli, dovrebbe avere un ruolo preminente. L’acqua principio fondante, come si è detto, ruolo che le compete nella lettura del plastico, apparentemente sembrerebbe secondario, ma viceversa apre una propria decifrazione inedita, originale, una direttrice di comunicazione che contribuisce a restituire il valore della città: memoria di appartenenza giunta fino a noi, è l’acqua infine, dove tutto ebbe inizio…

Le immagini.

Il plastico esposto nella sala d’ingresso del Munda, 99 Cannelle. La fontana monumentale delle 99 Cannelle, L’Aquila.