L’isola di Palmarola.

Testo e fotografia Vincenzo Battista.

Ponza l’isola, e la sua maggiore estensione dell’arcipelago. Si esce dal porto verso «la Forcina» il nome palma nana, unica palma originaria dell’Europa che cresce selvatica sulla sua superficie. L’isola allora dove siamo diretti dal nome antico Palmaria, e poi Palmarola. La sua natura vulcanica, l’aspetto selvaggio con le falesie a picco sul mare abitato da aragoste, cernie e murene e le colate laviche, età compresa tra 4,2 e 1 milioni di anni, con la fase eruttiva principale datata a circa 1,6 milioni di anni: un unicum geologico.

I rilievi morfologici nelle sue tre cime principali: Monte Guarnieri, Monte Tramontana e Monte Radica. Le due estremità dell’isola sono date dalle punte di Tramontana e di Mezzogiorno. Dal Neolitico all’ Eneolitico, il commercio di ossidiana nelle case grotte, scavate nella roccia di Palmarola. Luogo di attracco dei pirati nel XVIII secolo, scorrerie e rifugio nautico, l’isola di Palmarola è descritta nel brano autobiografico di Giovanni Tagliamonte.

«Giovanni Tagliamonte morto in età di centotrè anni andava spesso da Ponza a Palmarola, e mi raccontò varii di simili scontri coi corsari accaduti a lui non meno che ad altri Ponzesi nei dintorni di quest’isola. Egli aveva un’antica grotta tagliata nella rupe per abitazione vicino al piccolo porto di Palmarola; ma per paura dei pirati passava molte delle sue notti sulla montagna in qualche grotta senza far fuoco, per non essere loro scoperto dal fumo»
(Andreas Eichholzer, 1855)