Lo zafferano racconta i miti e i luoghi misteriosi.

Testo e fotografia di Vincenzo Battista.

Corpi ripiegati, curvi e leggeri, quasi ondeggiano nei vasti ripiani, mentre abili mani esperte sbucano dalle vesti e prendono i fiori appena sbocciati dello zafferano, i calici violacei con dentro gli stimmi regali, sacri, materia colorante che veniva spalmata sulle braccia e sul petto delle donne maritate indiane, contrassegno della condizione coniugale; oppure scambiata come carta moneta e infine utilizzata per dare quel colore all’abito del Dalai – lama, il capo supremo del lamaismo e buddismo tibetano che ha scelto le vette per guardare e purificarsi fin oltre gli oceani, dare spiegazioni alla mente, alle emozioni, ai pensieri e ai diversi modi di modificarli e trasformarli.

Tra i monti del Karakorum: il Kashimir (regione situata a nord del subcontinente indiano fra India e Pakistan), “conca dorata”, quindi, il paesaggio incantato dei fiori di zafferano, con il tempo che sembra rallentato, un altro tempo forse, vissuto quasi esclusivamente intorno al fiore del coraggio, della raffinatezza e della forza guerriera, tanto che i gesti che si consumano dentro i campi di zafferano durante la sua raccolta, sono diventati anche passi di danza, sigilli di coreografia teatrali per le rappresentazioni sceniche di una curva culturale raffinata, imitazione del valore della terra, dall’alto valore simbolico, che agita i suoi frutti.

È la montagna che determina le affinità? Dall’altra parte del pianeta, tra le montagne, è il Cantico dei Cantici (fu composto non prima del IV secolo a.C.) che risponde: “I tuoi germogli sono un giardino di melegrane, con i frutti più squisiti, alberi di Cipro con nardo e zafferano, cannella e cinnamomo, con ogni specie d’alberi da incenso” fino alla descrizione del ‘900 di Ignazio Silone: “Eravamo entrati nel Piano di Navelli. Che splendide coltivazioni. I bene ordinati campi di zafferano, di legumi, di cereali, avevano la bellezza di un giardino, e dimostravano un amore per la terra che commuoveva…”.

Ancora il valore della terra, mito esistenziale, custodita dentro se stessi e nei grandi pianori che declinano dal Gran Sasso, ferma l’inquadratura ancora sullo zafferano: riconoscibile da quell’odore che viene dritto dal mondo antico, perché di quell’oro diverso tra le montagne niente e nessuno venga dimenticato.

Un paesaggio storico dello zafferano quel che rimane oggi, dunque, nell’area dell’altopiano di Navelli, che potrebbe entrare nei principi di tutela dei Beni culturali paesaggistici, proteso fin dal suo documento più antico, il diploma di Re Roberto del 1317, sul commercio dello zafferano, che mantiene oggi, anche se ridotto nella produzione, le caratteristiche di centralità, di una mitica piccola patria, dalle forti identità locali, nel mare impetuoso del villaggio globale.

Riti agrari si associano allo zafferano, i simboli della casa contadina nella sfioratura della spezia prendono possesso dell’abitazione ( il comò dove, avvolto da panni di lana e cotone, si conservava lo zafferano, insieme agli indumenti più importanti); allegorie popolari ( i cesti , che contenevano alcuni fiori lasciati durante la raccolta, per i poveri, appesi lungo le vie del borgo di Navelli), e poi un prodotto esclusivo ( lo zafferano di Navelli, brand nazionale ma residuale) in quanto a qualità anche nel panorama europeo, e documenti archivistici ( statuti, diplomi, e tutele soprattutto nel Ventennio fascista dello zafferano, che hanno attraversato la storia, fin dal medioevo ). Beni naturali come si diceva, costituiscono dunque i riferimenti originali della spezia, nella sua epopea, in una” archeologia vivente” giunta fino a noi, ma che nulla abbiamo fatto per tutelarla e riscriverla, riprenderla quella linea, l’unica “linea rossa” incontestabile della profondità del tempo e della storia della nostra appartenenza, condivisa a nostra insaputa: lo zafferano, che ci racconta e racconta luoghi misteriosi della spezia, e “marca” culturalmente il paesaggio appenninico divenuto a noi anche estraneo, salvo a scoprirlo, nelle mediatiche, accattivanti e suggestive preparazioni dei piatti allo zafferano: solo quelli, ed è pochissimo. Quel che rimane…

 

Si ringrazia l’azienda Nolletti Nunzio, Collepietro. Contrada “La Valle”, Altopiano di Navelli.

 

Le fotografie. Copyright © Vincenzo Battista.

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