Pizzo Camarda : lancia di pietra “inquieta” delle Malecoste che segna l’Appennino Centrale.

Testo e fotografia di Vincenzo Battista.

“Il sentiero pietroso che porta a Pizzo Cefalone – scrive nel suo diario nel 1907 Alfred Steinitzer,  naturalista ed alpinista tedesco in viaggio, attento osservatore dei costumi e della cultura popolare – si snoda tra alberi di noci e campi assai miseri. All’inizio esso sale con lieve pendenza fino ai piedi del vero e proprio massiccio montuoso. Dagli enormi macereti che in questo lato ricoprono l’intelaiatura rocciosa s’erge come unica e spiccata vetta la bella piramide di Pizzo Cefalone, ornata ai suoi piedi dall’impenetrabile macchia grande, l’ultimo manto boscoso che non è incappato ancora nella devastazione degli uomini. Tra larghe curve la mulattiera conduce agli assolati pendii…”; anche per noi, che saliamo dentro un’area di sedi preistoriche, centri alto medioevali, torri, mandroni e capanne a tholos, grotte ed edifici di culto, chiese, edicole sacre, borghi arroccati come San Pietro della Jenca, i cui abitanti sfruttavano quelle abitazioni temporanee per lavorare i campi d’altura della Valle del Vasto, del Raiale, la Genca in un’ economia  di sussistenza : perimetro storico, insediativo soprattutto dell’antica pastorizia verticale, ambito spaziale selvaggio dell’Appennino, ma anche area di culto e catalogo antropologico dell’adattamento dell’uomo ai contesti geografici critici come per un suo grande interprete, San Franco l’eremita, che dialogava con la natura e le fiere predatrici, effigie di quei luoghi, appunto, alle pendici della “Grande muraglia” delle Malecoste, Pizzo Cefalone e Pizzo Camarda, un passante della nostra meta finale, mentre saliamo con le lampade frontali, di notte, lungo un sentiero improbabile. Lo spazio visivo si allarga sotto di noi ai primi bagliori dell’alba, ferme invece le luci dell’Aquila in lontananza e della sua periferia, che ruotano per aprirsi, come luci di Natale, all’orizzonte, come scriveva Steinitzer, “Sulla valle dell’Aterno, e i possenti massicci del Velino e del Sirente”. Con la quota cresce anche il vento, insopportabile, mentre attraversiamo gli insediamenti pastorali e la località Pietra Cavalli, giù, le mandrie di cavalli sono spinte, fatte risalire in cima, diligentemente, fino al Piano e Lago Camarda per i migliori pascoli, oltre non si può, c’è l’orlo e quel pianoro precipita giù per centinaia di metri nella Valle del Chiarino, a nord. Loro, i lupi lo sanno, dicono gli allevatori, assediano, spingono e chiudono la mandria fino al baratro, selezionano e cercano di dividere i puledri che galoppano a fianco delle madri: poi non altro che un andare incessantemente lungo il bordo del precipizio, su e giù, continuamente,  per sfiancarli, atterrire e sconcertare la mandria, distrarla, preparare il banchetto, quando il capo branco dei cavalli mollerà, esausto, tirandosi dietro il suo clan, lasciando solo “il pizzo” infine, un puledro stremato, all’antica fame dei predatori della montagna. Soltanto le ossa inizieranno a sbucare dalla prateria, e poi sarà la volta della carcassa del puledro, levigato dal vento e dal sole. Ci siamo lasciati la grande balconata “con vista” del Piano Camarda che guarda il lago di Campotosto, Monte Corvo, dove i venti gelidi dell’intera catena del Massiccio del Gran Sasso si insinuano dentro i corridoi delle valli glaciali, e qui sembrano incontrarsi, tolgono il respiro d’inverno, giocano con la superficie dei blocchi calcarei, alzano spirali sottili di vapori con l’escursione termica, nubi che ci scuotono vorticose e avvinghiano le Malecoste, fino all’ultimo strappo adesso mentre camminiamo. La temperatura varia sulle creste del sentiero, l’ultima salita , “la rampa” che percorriamo infine per giungere alla vetta di Pizzo Camarda e il suo geologico stretto camminamento di cresta: una frustata, si snoda sui due versanti che la cordigliera sembra aver diviso tra il bene e il male, tanto sono dissimili e inaspettati lungo il sentiero delle Malecoste, poi, avanti, fino alla cima Wojtyla: un luogo, sappiamo, piaciuto anche a Papa Giovanni Paolo II.

 

La cima di Pizzo Camarda (2.332 m.) raggiunta lungo la cresta ovest, dal Piano e lago Camarda, lungo ampie distese levigate dai venti.

 

Le immagini.

Le fotografie, diverse aree, documentano l’estesa area pedemontana di monte Jenca, Pizzo Camarda, le Malecoste e Pizzo Cefalone del Gran Sasso d’Italia.