Quell’erba selvatica del Gran Sasso d’Italia.
Testo e fotografia Vincenzo Battista.
Olaci nella forma dialettale locale della Conca aquilana, ma il nome botanico è Chenopodium bonus- henricus, detto comunemente spinaci selvatici o di montagna. Alimento povero dei pastori negli stazzi d’altura (preparavano gli olaci prima bolliti a formare una sorta di parrozzo, con le uova sopra cotte e il peperoncino ai lati, e il pane in padella con il rilascio dell’acqua salata di cottura degli stessi olaci), è una pianta erbacea perenne in una fascia altimetrica sopra i 1600 metri. Cresce spontanea soprattutto intorno agli stazzi, gli accampamenti dei pastori, poiché si foraggia con le deiezioni degli animali al pascolo: gli armenti in particolare. Dal fusto eretto, lo stelo lungo e ascendente e le foglie dal colore verde, dalla ricca peluria a forma triangolare. La pianta cresce dai 20 ai 70 centimetri da maggio a giugno. Pianta tutelata, non è possibile raccoglierla dentro il perimetro delle aree protette. La sua applicazione in una cucina è particolare: frittate, zuppe, con pasta fatta in casa, soffritta in padella con il peperoncino, ripieno di ravioli, in insalate crude, minestre, con il riso, contorno. Gli olaci sono ricchi di ferro, vitamine e minerali, dal sapore deciso, particolare e per questo molto ricercati. Nell’antica Grecia la pianta si utilizzava nei riti di purificazione.