Testo e fotografia Vincenzo Battista.

L’epopea remota, le voci degli antenati che raccontano, oramai disperse, la vita quotidiana. I protagonisti sconosciuti rinchiusi d’inverno in un insidioso borgo. Secoli sulla pietra, tagliata e lavorata, addizionata e sottratta al paesaggio montano per edificare e costruire, ripararsi e contrastare gli inverni. E poi il tesoro nascosto sotto i millenni della pietra da qualche parte ancora lo cercano tra le quattro torri di fondazione della fortezza di Calascio. Rinchiuso in un forziere e sepolto i lingotti d’oro aspettano di essere scoperti e narrati. Soltanto una traccia, una mappa consumata dal tempo, quasi nascosta, dipinta in un affresco sul lato di un’immagine religiosa che appena si percepisce nella facciata di una casa nel sottostante insediamento umano. Bisogna interpretarla, leggerla e decodificare il messaggio in relazione anche alla cosmologia del cielo, agli elementi della calotta notturna e le figure mitiche simboliche che sovrastano la Rocca di Calascio.