Le immagini. Ritratto fotografico, Autoritratto anno 1861. ” Il pergolato”, anno 1868.

Silvestro Lega, i Macchiaioli.Terzo Step. Storia Arte e Inglese.

Liceo ” Cotugno” – L’Aquila, classe 5 F. Lezione a distanza.

Quaderno di Storia Arte.

Biografia : testo sul Quaderno di Arte.

Silvestro Lega nacque l’8 dicembre 1826 a Modigliana, paese della Romagna toscana nell’Appennino forlivese, da Antonio e Giacoma Mancini. Antonio sposò Giacoma in seconde nozze il 18 giugno 1820, essendo la prima moglie Domenica Nediani morta di parto nel 1812, dopo aver dato alla luce nove figli in dodici anni. Nonostante il trapasso della prima consorte, Antonio continuò ad intrattenere ottimi rapporti con la nobile ed abbiente famiglia di lei, consacrando così l’affermazione sociale propria e della famiglia, che nel 1818 risultava intestataria di vari mulini e particolarmente attiva nell’artigianato tessile e nell’agricoltura. Più modesta era invece l’estrazione sociale di Giacoma Mancini, già serva in casa Lega. Era una donna umile ma di grande intelligenza, tanto che lo stesso figlio l’avrebbe ricordata in questi termini: «Mia madre era amantissima dell’istruzione e della buona educazione della propria famiglia. Fino dai primi anni fummo collocati sotto la tutela degli Scolopi».

Ci sono rimaste scarsissime notizie della fanciullezza di Silvestro Lega, in ogni trascorsa sicuramente in seno alla numerosa famiglia e ai diversi fratelli maggiori. Nel 1838 si iscrisse dagli Scolopi di Modigliana, studiando svogliatamente e senza una piena adesione: fu proprio in quegli anni, tuttavia, che esplose precoce e irrefrenabile la sua vocazione pittorica. Lo stesso Lega avrebbe poi affermato: Attivo nella seconda guerra d’indipendenza nell’aprile del 1859 in qualità di artigliere, dopo esser rientrato a Firenze Lega iniziò a mostrarsi più amichevole verso i giovani colleghi del caffè Michelangelo, e prese persino a partecipare ai loro festosi incontri.

Questa ritrovata disinvoltura corrispose a un nuovo salto di qualità nella sua arte. Testimonianza di questo nuovo vigore pittorico sono le quattro tele raffiguranti episodi militari del Risorgimento che Lega eseguì per il concorso bandito dal Ricasoli sulla fine del 1859. Il primo quadro fruttò una cospicua somma in denaro al Lega che, pertanto, poté trovarsi una nuova sistemazione in via Santa Caterina, in un quartiere dove vivevano numerosi altri artisti, come Giovanni Fattori. Sono tuttavia gli altri tre quadri della serie – nella fattispecie il Ritorno di bersaglieri italiani da una ricognizione, la perduta Ricognizione di cacciatori nelle Alpi e Un’imboscata di bersaglieri italiani in Lombardia – ad essere i più esemplificativi dell’indipendenza creativa appena conquistata dal Lega, che qui per la prima volta dà prova di un grande equilibrio compositivo, il «distacco assoluto dalle diverse scuole avute». Riferendosi all’Imboscata, egli stesso avrebbe riconosciuto che «lì ero io; che cominciava a fare come sentiva, come voleva e come sapeva». Questo fu uno dei periodi più felici per l’artista, che proprio in quegli anni aveva scoperto le bellezze della pittura en plein air, che attese con la massima diligenza. Questa ritrovata serenità fu dovuta anche a motivi d’ordine personale: fu infatti proprio durante una sessione di pittura all’aperto, presso «gli orti e le case coloniche di quella campagna umile e modesta che fiancheggiava l’Arno, detta Pargentina», che Lega si imbatté con la famiglia Batelli, con la quale stabilì un’intesa immediata. I Batelli, in effetti, furono ben felici di accogliere Lega presso la loro dimora dopo che quest’ultimo iniziò a patire progressive incertezze economiche.

Mappa concettuale sul Quaderno di Arte.

Lega, in particolare, si invaghì perdutamente di Virginia, donna ventiseienne che era andata ad abitare con i genitori dopo la sfortunata vicenda matrimoniale con un tal Giuseppe Puccinelli, dal quale si era appena separata. La simpatia con Virginia si trasformò ben presto in intimità, e i due intrecciarono una relazione sentimentale che non mancò di essere approvata dai vari esponenti della famiglia Batelli. Dopo il fidanzamento con Virginia, Lega lavorò alacremente, animato da uno straordinario vigore creativo e produsse una notevole mole di dipinti. Speciale menzione meritano L’elemosina, La nonna, L’indovina, La cucitrice, La lettrice, Gli sposi novelli, La curiosità e, soprattutto, Il canto dello stornello, La visita, e Il pergolato. La quiete domestica su cui Lega aveva instaurato il proprio regime di vita quotidiana, tuttavia, si frantumò a partire dagli anni trenta, allorché lo colpirono i primi lutti famigliari: la morte del fratello Dante e, soprattutto, dell’amata Virginia, stroncata dalla tisi nel giugno del 1870. Da allora in poi Lega, benché seguitasse a lavorare alacremente, vincendo persino la medaglia d’argento all’Esposizione nazionale di Parma del 1870, fu funestato da una profonda prostrazione. Fu l’inizio di una grave crisi che, resa ancora più penetrante dopo le critiche che l’amico Telemaco Signorini sferzò contro la sua pittura, toccò il suo culmine con l’insorgere di una grave malattia agli occhi che a lungo andare gli avrebbe impedito di dipingere.

Lega, tuttavia, riuscì a lasciarsi dietro questa profonda crisi interiore e a ritrovare la serenità, anche grazie alle affettuose premure degli amici (in particolare Martelli e Matilde Gioli). Dopo aver finalmente voltato pagina Lega ritornò ad essere particolarmente attivo, sia dal punto di vista sociale che sotto il profilo artistico. Espose, infatti, nello studio Gioli di via Orti Oricellari (1879) e all’Esposizione internazionale della Società Donatello (primavera del 1880). Si occupò, inoltre, di recuperare vecchie amicizie, e di intrecciarne di nuove: speciale menzione merita il sodalizio con il pittore svizzero Arnold Böcklin, da lui omaggiato con un ritratto. Sempre in questi anni, inoltre, Lega si recò assiduamente a Gabbro, nell’entroterra livornese, dove «ebbe la fortuna di conoscere il Conte Roselmini Odoardo che con sua signora abitava, quasi costantemente, la bella villa di Poggiopiano; e fu questa occasione che gli permise, negli ultimi anni di fermarsi a lungo in questo paese, bellissimo e forte». La padrona di questa villa, Clementina Fiorini, era una donna energica e operosa che apprezzava molto l’attitudine «randagia e brontolona» di Lega. Potendo contare su quest’amicizia, Lega aveva la sicurezza di non essere dimenticato né solo, e trascorse pertanto un’anzianità serena e dignitosa. Morì, infine, il 21 settembre 1895 nell’ospedale di San Giovanni.